“Il senato deve farsi carico delle istanze civiche e produrre leggi che rispettino la realtà sociale. L’aborto non è una questione legata alla fede, ma alla salute pubblica”. Parole del senatore Luis Naidenoff del gruppo radicale che sostiene il governo Macri. È questo il modo in cui il dibattito, spesso feroce, sulla legalizzazione dell’aborto ha attraversato la società argentina come la classe politica. In linea generale a favore della nuova legge si erano sin da subito schierati i rappresentanti del peronismo kirchnerista – popolare, più orientato a sinistra – contro i parlamentari legati a Cambiemos, il movimento che ha portato Macri alla presidenza. E lo stesso inquilino della Casa Rosada aveva garantito che il suo esecutivo non avrebbe influenzato il voto. E così, la camera dei deputati (129 voti a favore, 125 contrari e un astenuto) ha approvato la legge dopo 23 ore di acceso dibattito, con manifestazioni pro e contro all’esterno del parlamento. Manifestazioni che si sono fatte notare negli ultimi mesi nelle principali città del Paese.
L’Argentina, come il resto del Latinoamerica, è un Paese a maggioranza cattolica. Ciononostante, parecchio progressista in termini di diritti civili. Forte è il movimento sociale pro aborto ordinato al motto di Ni una menos, neanche una in meno, slogan che si riferisce ai decessi di donne a causa di aborti in strutture non autorizzate perché operati fuori dai termini delle legge attuale. Ogni anno in Argentina cinquantamila donne fanno ricorso ad aborti clandestini e, nello stesso spazio temporale, almeno cinquanta donne muoiono per le conseguenze di queste operazioni.
Le nuove norme passano ora al vaglio del senato. Uno scoglio difficile considerando che la camera alta è tradizionalmente più conservatrice. Tuttavia, alcuni parlamentari e osservatori si sbilanciano. Innanzitutto sui tempi: massimo quattro settimane per la chiusura. E altresì sulla approvazione definitiva del provvedimento. Anche dall’interno della Chiesa cattolica – che in Argentina ha il suo peso – si sono levate voci a favore della nuova legge. Se di base le gerarchie hanno sempre manifestato la sua “pericolosità”, è soprattutto dai curas villeros – i parroci impegnati nelle villas, i sobborghi degradati – che sono arrivate aperture.


COSA CAMBIA CON LA NUOVA LEGGE – Attualmente L’interruzione di gravidanza è possibile solo in caso di stupro o rischio per la vita della madre. Con la nuova legge, che ora deve passare al vaglio del Senato, potrà essere effettuata gratuitamente negli ospedali pubblici, fino alla quattordicesima settimana, anche fuori da quei casi. Interruzione volontaria della gravidanza che viene totalmente depenalizzata. Dopo questo termine ‘tornano’ le condizioni previste: solo in caso di rischio di vita della madre o il concepito o di gravidanza dovuta a uno stupro.

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