Riportarlo in superficie. È l’imperativo dei familiari delle 44 vittime ma, in fondo, di tutto il paese. A un anno esatto dalla scomparsa, il sottomarino Ara San Juan è stato individuato dalla società specializzata incaricata dal governo di Buenos Aires. Ma non basta. I parenti dell’equipaggio chiedono il recupero del sommergibile: quei morti meritano una sepoltura, ma soprattutto meritano verità. Che deve arrivare dallo Stato. E proprio su questo sorgono i primi problemi. Enormi.

La Ocean Infinity ha annunciato che invierà al governo – probabilmente il prossimo mercoledì – 67mila foto scattate al relitto. Il San Juan, secondo le ultime analisi, giace su un fondale a 907 metri, quindi ancora più giù rispetto agli 800 presunti. Le immagini in 3D serviranno alla giustizia per cominciare a ricostruire le cause che hanno portato al disastro. E serviranno anche all’esecutivo per capire il da farsi. Ciò che è certo è che non ci sono tecnologie per permettere a un perito di avvicinarsi al relitto per i rilievi necessari. Ma ora che succede, chiedono i familiari?



Prime risposte a una domanda legittima e emotiva arivano dal ministro della Difesa, Oscar Aguad, secondo il quale innanzitutto va accertata la verità sui fatti del 15 novembre dello scorso anno, le cause dell’affondamento definitivo del sottomarino. Nei prossimi giorni la commisione speciale di inchiesta consegnerà a un magistrato e al ministero della Difesa tutta la documentazione finora raccolta.

Oscar Aguad, ministro della Difesa

Ma è lo stesso ministro Aguad a soffocare ogni speranza delle famiglie dei membri dell’equipaggio. “Non abbiamo i mezzi per il recupero del San Juan. E non so neanche se al mondo esista tecnologia adatta. Tutte le imprese finora contattate dal governo hanno detto di no”. Con la conclusione che “forse in futuro si potranno recuperare alcune parti del sottomarino ma al momento non ne abbiamo certezza”.

Tuttavia, la prossima settimana arriverà il primo rapporto della Marina militare sulle cause che potrebbero aver determinato il disastro. Ma siamo ancora alle ipotesi. E questo non basta a chi sulla terraferma pretende verità e giustizia da un anno.

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