Le avvisaglie c’erano tutte per evitare l’ennesimo femminicidio. Eppure, la macchina dello Stato si è ‘inceppata’ prima di mettere al sicuro una giovane donna che, da settimane, aveva informato gli uffici della procura di essere in pericolo. E lo stesso aveva fatto con la polizia. Proprio un poliziotto è stato il suo carnefice, il suo ex fidanzato.

femminicidio argentina rojas ursula Bahillo

Anche la mamma di Ursula, diciotto anni, aveva fatto di tutto per evitare quello che è poi successo, denunciando le minacce che arrivavano alla figlia. Stando alla ricostruzione della stampa, le minacce erano state considerate attendibili perché ben circostanziate. E così dalla procura erano partite segnalazioni ad altri uffici competenti, tra polizia e comune, al fine di mettere in atto tutto ciò che prevede la legge a protezione delle donne.

La rabbia è tanta, al punto che non solo amici e conoscenti ma molti cittadini hanno letteralmente tentato di assaltare il commissariato di polizia. Per protesta, per urlare il proprio disappunto considerando che il femminicida è proprio un poliziotto e per chiedere che ci sia giustizia, che non passi alla cronaca come l’ennesimo caso di femminicidio.



Tra loro, diverse decine di persone, c’era anche la mamma della vittima urlando il suo dolore e spiegando che “da mesi avevamo denunciato le molestie verso mia figlia”. Però aggiunge che non è stato facile: “Ci hanno perfino detto che non prendevano denunce nel fine settimana”. È qui che lo Stato ha mostrato le sue crepe. Sui social la giovane vittima aveva recentemente scritto che “se mi uccidono sapete chi è stato”.

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Fatto sta che Matías Ezequiel Martínez è riuscito ad agire indisturbato. Ha raggiunto la ex fidanzata Ursula Bahillo e, come accertato dall’autopsia, l’ha freddata con quindici coltellate tra addome, schiena e collo. Ma altri dettagli, alcuni dei quali inaccettabili, stanno emergendo nel corso delle indagini sui fatti di Rojas, località della provincia di Buenos Aires.

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Il femminicidio è una vera piaga in Argentina, aggravato dal fatto che molte donne sono state anche vittime dell’inefficienza di quella parte dello Stato che è chiamata a prevenire la violenza sulle donne. Come al solito si assiste a un rimpallo di responsabilità. Si apprende che il poliziotto era stato sospeso un mese prima dei fatti, dopo le prime denunce della mamma di Ursula.

Poi il comando ha informato che Martínez era in licenza di malattia quando ha perpetrato le prime aggressioni alla ex fidanzata e gli era stata ritirata l’arma di ordinanza. Ma i vicini di Ursula hanno dichiarato di averlo visto comunque armato mentre, giorni prima, minacciava quella che sarebbe poi stata la sua vittima.


Quando ha provato a fuggire dopo l’omicidio della 18enne, è stato fermato e portato in ospedale. Era ferito all’addome, si era pugnalato dopo avere ucciso Ursula. Voleva evidentemente farla finita. Dalla raccolta delle testimonianze fatta da magistrati e polizia emerge un profilo criminale di instabilità mentale. Tutto chiaramente incompatibile rispetto al profilo di un agente di polizia. Avvisaglie ignorate dall’amministrazione? È quello che ritengono parenti e amici della vittima.


Spuntano deposizioni ai limiti dell’incredibile. Come quella di una ex fidanzata di Martínez, spiegando che giorni prima dell’assassinio aveva avvicinato Ursula con l’intenzione di aiutarla avendo provato sulla propria pelle le stesse molestie. Lo ha definito “psicopatico” aggiungendo che quando era in servizio stazionava con l’auto della polizia per controllarla, per capire se incontrava altri uomini.

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Ha inoltre riferito dettagli spaventosi sulla vita del 25enne: “Picchiava la mamma e la sorella e costringeva la nonna a rapporti intimi. Ha anche abusato di una ragazza disabile”. Sono tre le donne che avevano denunciato Martínez per vari fatti di violenza. Un’altra donna ancora riferisce che “stava per uccidere me e i miei figli con la sua pistola di ordinanza”.

Intanto, Martínez si rifiuta di dichiarare, non parla. Non nega di essere il colpevole nonostante le evidenze. E nel paese monta la rabbia. Perché in Argentina nel solo 2020 le vittime di femminicidio sono state quasi 250 e trenta già dall’inizio del 2021.

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