“Non dico che è impossibile, ma tecnicamente è molto difficile”. Poche parole del portavoce della Marina militare argentina, Enrique Balbi, sembrano cancellare ogni speranza di portare in superficie il relitto del sottomarino argentino Ara San Juan. Ed è lo stesso ufficiale ad aggiungere che “tutti i sottomarini che si sono inabissati giacciono in fondo al mare”. Dichiarazioni che già stanno suscitando legittime polemiche da parte dei familiari dei 44 membri dell’equipaggio. Ma le fonti che anticipano questa conclusione sono ormai diverse.

Il primo a parlarne è stato il ministro della Difesa, Oscar Aguad, secondo il quale l’Ara San Juan si è inabissato nell’Atlantico per “un guasto tecnico” e non per un errore umano. Aguad ha inoltre agiunto che l’Argentina non dispone della tecnologia necessaria per recuperare il sottomarino a 907 metri di profondità. Poi c’è anche l’aspetto economico: servirebbero quattro miliardi di dollari. Tanti per qualsiasi bilancio statale, a maggior ragione per una Argentina costretta a una severissima revisione della spesa.


Ad aggiungersi è anche il magistrato titolare dell’indagine, Marta Yánez: “Per dare avvio all’operazione di recupero, pria di tutto c’è da realizzare uno studio di fattibilità tecnica e economica. Occorre capire se è utile e che tipo di conseguenze potrebbero derivare anche in termini di rischio di vite umane e materiali. Per esempio, c’è da capire se è in qualche modo possibile recuperarlo intatto”. Per il magistrato, inoltre, si potrebbe danneggiare il mezzo, mettendo a rischio anche il piano delle verifiche utili alla comprensione dei fatti di quel 15 novembre dello scorso anno. Cioè capire cosa è successo realmente.


Arriva anche il parere in tal senso del Ceo della Ocean Infinity, l’impresa statunitense che ha portato avanti le ricerche. Oliver Plunket ha dichiarato che non c’è ancora una immagine chiara e completa del luogo in cui si trova il San Juan. Finora, difatti, la stessa Ocean Infinity ha realizzato circa 65mila foto del relitto, ma sono ancora in fase di analisi. “Qualsiasi operazione in mare profondo ha un costo, che è ancora difficile da quantificare”. Del resto, aggiunge il ministro Aguad, “c’è da comprendere il relitto giace in una sorta di canyon ed è per questo che è stato difficile individuarlo”.

Motivazioni tecniche, probabilmente inconfutabili, che sicuramente non saranno sufficienti a far desistere i parenti delle vittime. Che, a questo punto, si troverebbero davanti a una scelta enormemente crudele: lasciare laggiù i loro cari con la speranza di avere verità sulle cause dell’affondamento del San Juan.

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