Certo, Argentina-Venezuela era soltanto un’amichevole. E non sono comunque mancate le note positive, a cominciare da quel Lautaro Martínez che ha mostrato vivacità, garra e segnato il gol che per un quarto d’ora abbondante ha tenuto vive le speranze di rimonta della nazionale argentina. Tuttavia, era lecito aspettarsi di più di una netta sconfitta dal Venezuela (vivace e frizzante, sì, ma pur sempre una squadra di ben altra gloria, e storia) per festeggiare il ritorno di Leo Messi in albiceleste, dopo quasi nove mesi.
Un anno fa, nello stesso stadio, il Wanda Metropolitano di Madrid, il 6 a 1 contro la Spagna era stato ancora più umiliante, palesando nubi poi confermate dal disastroso esito del Mondiale russo, e dalla fine dell’avventura del ct Sanpaoli.
Oggi, su una delle panchine più “scomode” del mondo, siede Lionel Scaloni, ex giocatore fra le altre di Atalanta e Lazio, ma non è che la situazione sia molto diversa. Messi non ha giocato male, provando a cantare e portare la croce, e regalando a Lautaro un paio di palloni di alta classe: uno che ha avviato l’azione poi concretizzata in rete, e l’altro sventato da un grande intervento del portiere della Vinotinto.
Ma l’Argentina ha mostrato gravissimi ed evidenti limiti in difesa, valida ma ancora acerba, e a centrocampo, dove ci sono giocatori di alta qualità, ma poco inclini all’interdizione. Insomma, una squadra ancora alla ricerca di un equilibrio accettabile per certi livelli, con un leader il cui valore tecnico rimane indiscutibile, ma che sembra alle prese con una sorta di maledizione “nazionale”. Messi ha giocato, come già detto su buoni livelli, tutti i 90 minuti, ma non dovrebbe andare in Marocco per l’altra amichevole contro i padroni di casa, il prossimo 26 marzo.
A guidare la Selección potrebbe dunque essere Paulo Dybala, scaldatosi a lungo ma non subentrato contro il Venezuela. A lui potrebbe toccare il delicato ruolo di riferimento tecnico di una squadra che, con una Coppa America sempre più vicina, è molto difficile annoverare fra le favorite.