A un anno dalla tragica morte di Emiliano Sala, la sua famiglia continua a chiedere giustizia. Non facile, considerando lo stato delle inchieste sull’incidente aereo. Il 21 gennaio del 2019 Sala viaggiava a bordo di un velivolo privato che lo trasportava da Nantes a Cardiff, effetto della vendita dell’attaccante argentino ai gallesi del Cardiff City.
L’aereo, un piccolo Piper Malibu, è scomparso dai radar mentre sorvolava il Canale della Manica, nei pressi delle Isole del Canale. Da allora sono due le attività di indagine dirette ad accertare i fatti.
Finora sono stati pubblicati due rapporti, uno a febbraio e uno ad agosto, dalla Air Accidents Investigation Branch (Aaib), l’agenzia britannica competente in materia di incidenti aerei. Nel primo vengono forniti alcuni dettagli sui resti dell’aereo ritrovati a seguito delle ricerche, senza tuttavia spingersi in quelle che sono state le possibili cause del disastro. Nel secondo documento, invece, viene sottolineato l’alto livello di monossido di carbonio rinvenuto sul corpo di Emiliano Sala, pari al 58 per cento.
Secondo gli esperti questo può significare che il pilota, David Ibbotson, non era cosciente al momento della caduta. Il corpo di Ibbotson, nonostante le intense ricerche, non è mai stato ritrovato. Per Sala, invece, dopo gli esami sul corpo recuperato, gli esperti hanno parlato di morte “per ferite alla testa e al collo”.
Il rapporto finale della Aaib era atteso lo scorso ottobre, ma è tutto rinviato al marzo di quest’anno, salvo ulteriori ritardi. Comprensibile, stando così le cose, il rammarico della famiglia di Emiliano Sala. “Non sappiamo molto perché, a dire il vero, non ci dicono tanto amche perché è tutto nelle mani degli avvocati. Noi chiediamo giustizia, e non potrà esserci fino a quando non sarà chiaro cosa è successo. Vogliamo che la verità venga fuori”, ha dichiarato il fratello Darío al quotidiano sportivo argentino Olé.
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