È passato poco dai Mondiali di Russia, alla fine dei quali Diego Armando Maradona si è offerto, anche a titolo gratuito, come allenatore della nazionale argentina. Una messa a disposizione, in verità, non presa in considerazione da nessuno nel suo paese, né da addetti ai lavori e né dai tifosi. Ora, però, il Diez ha trovato una panchina, ma dovrà accontentarsi della serie b messicana.

Dopo le prime voci, venerdì 7 settembre è arrivata la conferma: Maradona è il nuovo ct dei Dorados, Club Social y Deportivo Sinaloa di Culiacán, pur conservando il ruolo di presidente onorario della bielorussa Dinamo Brest. Sono bastate poche per scatenare, sui social e sui giornali, ironia ma anche dure critiche all’arrivo di Diego in Messico.


Lo stato messicano di Sinaloa è noto per i cartelli della droga e l’accostamento – forse troppo duro – ai problemi, passati o presenti che siano, del campione argentino. Lui, però, tira dritto e sui suoi canali social ha espresso tutta la sua soddisfazione.

Non è mancata occasione per aprire una parentesi politica. Come noto, Maradona è un fervente sostenitore dei governi antimaericani, ‘antiperalisti’ di diversi paesi. Tant’è che nel suo post ha riservato parole di saluto al neo eletto presidente messicano di sinistra, Andrés Manuel López Obrador. Che fa il paio con l’essere presidente di una squadra della Bielorussia, paese allineato a Mosca e amico ‘della famiglia’, tra gli altri, dei governi Chávez prima e Maduro poi. Ma non tutti in Messico hanno preso bene il suo arrivo. Al punto che – a differenza della stampa sportiva che ha esaltato l’operazione – anche il quotidiano El Universal si è lanciato in un attacco più che frontale affermando che Maradona “è solo una persona che ha bisogno di aiuto, dovrebbe pensare a curarsi”.

“Il drogato che dirigerà nel calcio messicano”, si legge nell’editoriale firmato da Gerardo Velázquez de León. Oltre a qualificare il ricchissimo stipendio (almeno per una seconda divisione messicana) da 150mila dollari al mese come “una mancanza di rispetto nei confronti di tecnici già affermati”, ha etichettato il Pibe de oro  come “una semplice figurina buona a vendere biglietti e gettare fumo negli occhi, ma senza la minima idea di cosa fare”. Strada in salita, dunque. Diego ancor più ‘costretto’ a fare bene.

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