Per i lettori avidi di conoscere i prossimi romanzi argentini tradotti all’italiano, si prospetta un’ottima possibilità. Lo scrittore argentino Rodrigo Fresán inizia il suo percorso italiano per presentare La parte inventata da Pistoia, dove si tiene l’attesissimo Festival “L’anno che verrà, i libri che leggeremo”, organizzato da Martino Baldi presso la Biblioteca San Giorgio.

Nell’arco di una settimana, il calendario prevede una tappa a Parma, a Milano e a Roma. Durante le presentazioni, sarà disponibile in anteprima il libro edito dalla Casa Editrice LiberAria, nella collana di narrativa straniera Phileas Fogg diretta da Alessandro Raveggi.

Non sbaglia Vanni Santoni, enfant terrible della critica fiorentina, quando definisce Rodrigo Fresán un Borges pop. Viene in mente un episodio del 1963, ai tempi in cui Fresán lancia i primi vagiti in questo mondo. Victoria Ocampo rientrata da Londra porta con sé un disco dei Bealtes e profetizza “questi ragazzi faranno strada”. Aveva preso delle parrucche e per celia tenta di convincere Borges a provarsene una senza riuscirci.


Rodrigo Fresán La parte inventata


Probabilmente Fresán avrebbe gradito il gioco, visto che da quando scopre il gusto per la lettura ricorre più volentieri all’universo della narrativa americana e britannica, diventando l’autore paradigmatico di un cambio epocale avvenuto in Argentina a fine novecento.

La nuova generazione di scrittori cui Fresán appartiene sceglie di abbeverarsi in prevalenza alle fonti più recenti, poste a nord del continente americano, tra pagine scritte e canzoni rock, ridimensionando l’influenza esercitata dalla narrativa europa amata dai padri.

Con il garbato umorismo caratteristico dei Les Luthiers, Fresán mette a nudo il paradosso di voler arrivare ad una spiegazione razionale del presente attraverso l’arma dell’erudizione e diventa interprete di una società che scivola verso l’autodistruzione negli anni settanta. Matura le sue prime esperienze in seno ad una famiglia di creativi. Juan Fresán, suo padre, fu disegnatore, illustratore e direttore artistico della Casa Editrice Sudamericana.


A fine anni sessanta crea la rivista “La Hipotenusa”, col proposito esplicito di fare “umore per gente seria”. Vi collaborano Botana, Murray, Jauretche, Quino, Oski, Paco Urondo César Tiempo, Copi. Fresán padre fu anche l’ideatore di due piccoli gioielli editoriali: una biografia grafica di Jorge Luis Borges, edita da Siglo XXI, e un’originale versione di La casa tomada di Julio Cortázar, da lui definita una traduzione in segno grafico.

Il destino di Rodrigo Fresán pare già tutto imprigionato nella nascita con risurrezione, che la madre svela al figlio venticinquenne. Ribelle contro, in cerca di rivincita, con lo spirito di chi si sente “de vuelta”, di ritorno, espressione argentina che allude a chi ha già visto tutto e di nulla si può stupire, lo scrittore, che abita dal 1999 a Barcellona, ha già all’attivo diverse opere.

Famoso anche per i suoi saggi sulla cultura di massa, il rock e la letteratura inglese e americana, dopo l’esordio nel 1991 con Historia argentina, raccolta di racconti all’epoca rivoluzionaria e caso editoriale per anni, tra i suoi libri si ricordano Esperanto (Einaudi 2000) e I giardini di Kensington (Mondadori 2006). È stato inoltre selezionato per il Rómulo Gallegos Award nel 2005 e scelto come miglior libro straniero del 2005 dal quotidiano inglese Financial Times.

Rodrigo Fresán La parte inventata


Tra le sue ultime opere si ricordano El fondo del cielo (recentemente tradotto in Usa) e l’ambiziosa trilogia intitolata La parte raccontata, composta da La parte inventata (Best Translated Book Award 2018 in America), La parte sognata e La parte ricordata. Ha ricevuto in Francia il Premio Roger Callois 2017, in riconoscimento alla sua attività letteraria. Collabora con un certo numero di università americane: la Brown University di Providence, la University of Iowa e la University of Texas di Austin.

In occasione del Festival di Pistoia “L’anno che verrà, i libri che leggeremo”, l’autore ha risposto ad alcune domande.

Quali ricordi conservi dei tuoi anni giovanili in Argentina?
Casa mia, durante la mia infanzia, era frequentata da Rodolfo Walsh, Gabriel García Márquez ed altri intellettuali. Quando mia madre si separa da mio padre, forma una nuova coppia con Francisco Porrúa, creatore dell’editoriale El minotauro. Avevo accesso libero a molti libri. Ancor prima di avere uso della memoria, sono certo di aver deciso che sarei diventato uno scrittore.

Da piccolo ero una persona vorace e molto aperta alle novità, mi trovavo circondato da una situazione complicata. Quella realtà immediata così turbolenta e complessa non è mai stata traumatica, anzi, conservo il ricordo di momenti carichi di suggestioni, a causa delle ricorrenti separazioni dei miei genitori e delle loro nuove unioni. Probabilmente mi sono buttato nella lettura per poter abitare una realtà alternativa.


“Provengo da un paese inesistente” è la frase scelta per la tua biografia sul risvolto di copertina, sin dal primo titolo pubblicato in Argentina, Historia Argentina. Cosa intendi dire con quell’espressione?
Kurt Vonnegut sostiene che uno scrittore non può ritenersi tale se almeno una volta non ha distrutto il pianeta terra. Ho preso alla lettera il consiglio. Ho iniziato dalla distruzione dell’Argentina e poi sono passato a quella del pianeta, nei miei libri successivi. Ma quella frase è anche un riferimento alla genesi del mio primo libro. Io provenivo da una formazione anglosassone e nel 1975 mi sono ritrovato di colpo in Venezuela, quindi per me l’Argentina era diventata un mistero e un problema.

Scrivevo storie ambientate all’estero, ma di fatto ricreavo gli ambienti argentini. In fin dei conti, quante storie di Borges avvengono in paesi stranieri e quanti malevos di Borges non sono da considerarsi discendenti dei nibelunghi? Il mio primo libro è stato una sorta di vendetta e allo stesso tempo una celebrazione dell’argentinità. Quando l’ho fatto vedere ad un editore, mi sono sentito dire che era impossibile pubblicare una simile storia perchè ambientata in Inghilterra. Uscito da quell’incontro, con il pugno rivolto al cielo mi sono ripromesso di scrivere un libro sfacciatamente argentino.

L’Argentina è un territorio molto fertile per uno scrittore perchè è il luogo in cui tutto può succedere, non esiste nulla che possa apparire inverosimile se riferito all’Argentina.

Come spieghi la forte propensione per il fantastico riscontrabile tra i narratori argentini?
Credo che sia una ribellione cosciente e incosciente contro il grado di ferocia e spietatezza che permea la realtà argentina. Ci sono sempre cicli ogni volta più ravvicinati e il fantastico diventa un piano d’evasione in più, tanto per citare il libro di Bioy Casares. Ricordo la sensazione di stupore provata a undici anni, dopo aver letto L’invenzione di Morel.

Mi trovavo in Venezuela e nel leggere le ultime pagine mi imbatto nelle strofe dell’inno venezuelano che io cantavo ogni mattino a scuola. Provai uno strano senso di meraviglia. Negli scrittori argentini il rapporto libero con la tradizione è una costante. Essere argentino equivale ad avere la possibilità e quindi correre il rischio di fare quello che si vuole. È quanto più vicino ci sia in questo mondo a diventare un extraterrestre.

Rodrigo Fresán La parte inventata
Da sinistra a destra: Martino Baldi, Renata Adriana Bruschi, Rodrigo Fresán e Alessandro Raveggi
(Foto di Angela Marino del Ronzio del Festival)


Quali artisti e narratori italiani hai conosciuto e apprezzato?
Ascolto volentieri le canzoni di Franco Battiato e da adolescente ho visto i film di Fellini. La dolce vita a mio giudizio può essere definito un grande romanzo italiano. Inoltre ho letto Italo Svevo, Cesare Pavese, Tomasi di Lampedusa, la Commedia di Dante.

Mi piace l’italiano di Dante, in particolare gli ultimi quattro versi del Paradiso che continuano a produrre in me una commozione che meglio non saprei descrivere. Nella mia gioventù, non mi sono perso nessuno dei libri di Italo Calvino, scoprendo divertito che ogni nuovo libro era in contraddizione con il precedente.

In occasione dell’uscita in Italia de La parte inventata, il tour promozionale è iniziato domenica 27 ottobre, quando in anteprima nazionale è stato ospite del Festival “L’anno che verrà”, a Pistoia (in dialogo con il curatore della collana Alessandro Raveggi, l’editore di LiberAria Giorgia Antonelli e lo scrittore Vanni Santoni).

Dopo lunedì 28 ottobre ai Diari di Parma, il tour prosegue mercoledì 30 ottobre alle 19 da Gogol & Company a Milano (con Filippo Tuena) e giovedì 31 ottobre a Roma, alle 19, da Altroquando (con lo scrittore Giordano Meacci e la traduttrice Giulia Zavagna). Il libro sarà in libreria dal 31 ottobre.

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