Un accordo che riguarderà quasi 800 milioni di consumatori, generando (almeno potenzialmente) flussi commerciali prima, semplicemente, inimmaginabili. Eppure, a dispetto della soddisfazione espressa dai leader politici di entrambe le sponde dell’Atlantico, il trattato di libero scambio Ue-Mercosur si trova a dover riscontrare anche diverse reazioni negative.

Dopo quasi vent’anni di complessi negoziati, e ben 39 round di trattative, Bruxelles da un lato, e Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay dall’altro sono riusciti a raggiungere un obiettivo che dovrebbe permettere, solo da parte europea, un risparmio di oltre 4 miliardi di euro l’anno di spese doganali.

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Un traguardo salutato dal ministro degli esteri argentino, Jorge Faurie, come “un passo strategico per la posizione dell’Argentina nel mondo, molto più che un accordo commerciale”, mentre il presidente brasiliano Bolsonaro ha esultato per “uno dei più importanti risultati” che il suo paese abbia mai raggiunto. Tuttavia, ci sono anche posizione del tutto contrarie.


José Maria Zuccardi, presidente dell’Unione argentina del vino, ha criticato il governo Macri per non aver sufficientemente consultato gli industriali del settore, e per aver condotto analisi tecniche a suo modo insufficienti, soprattutto in termini di valutazione dell’impatto dell’accordo sugli equilibri commerciali. Facendo notare, soprattutto, come l’Ue finanzi con oltre 900 milioni di euro l’anno la promozione dei propri vini: un vero e proprio gigante, la cui forza potrebbe danneggiare i produttori argentini.

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Non a caso, i sindacati dei quattro paesi sudamericani hanno spesso posto l’accento sulla necessità, di entrambe le sponde dell’Atlantico, di una maggiore trasparenza sulle analisi delle prospettive future dell’accordo Ue-Mercosur. Il principale sindacato brasiliano, la Central Unica dos Trabalhadores, ha sottolineato come l’accordo sia stato siglato in un momento di forte debolezza delle economie latinoamericane, alle prese soprattutto con una forte disoccupazione, che già da sola comporta deindustrializzazione, perdita di posti di lavoro, e grave insicurezza sociale.

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