Tra le principali vittime della pandemia ci sono le compagnie aeree: a livello globale le previsioni parlano di una perdita complessiva tra i 60 e i 113 miliardi di dollari. Con immaginabili ripercussioni sugli assetti occupazionali, indotto compreso. Anche a questo è collegata la decisione di una fusione delle operazioni di Aerolíneas Argentinas e Austral. Una unica compagnia di bandiera sotto il nome della prima.

Non è la prima volta che la classe dirigente argentina ci pensa, è un’idea ricorrente dalla rinazionalizzazione avvenuta, con non poche grane giudiziarie, nel 2008 sotto il governo di Cristina Fernández. Oggi, con Alberto Fernández alla guida del paese, la fusione si fa più concreta, anche in funzione di ottimizzazione delle operazioni e della riduzione dei costi. Mai così improrogabile davanti a un calo drastico dei viaggiatori.

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Vale anche per Aerolíneas Argentinas: per il ritorno ai numeri pre pandemia si dovranno attendere mesi. Non da ultimo va considerato l’aggravio dei costi di gestione dettato dalle nuove misure che ordineranno le operazioni di volo, a tutela della salute di passeggeri ed equipaggio.


Come spiega il presidente di Aerolíneas, Pablo Ceriani, in una lettera ai dipendenti, la duplicazione di strutture e processi non ha ragione di esistere, serve una guida unica, tutelando il diritto dei lavoratori coinvolti. La direzione è quella di “maggiore efficacia operativa, una crescita più ordinata in funzione alle dinamiche di mercato”.

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Così come pensato dalla compagnia, la fusione tra Aerolíneas Argentinas e Austral dovrebbe portare a un risparmio iniziale di circa 100 milioni di dollari all’anno come prodotto della riorganizzazione interna, aumento dell’efficienza operativa e aumento del fatturato. Non essendo noti i tempi dell’operazione, probabilmente entro la fine dell’anno in corso, un miglioramento dei conti è prevedibile per il 2022. La pianta organica del gruppo conta 12mila dipendenti, 1.700 dei quali alle dipendenze della Austral, e non sono previsti tagli.

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