Un accordo tra l’Argentina e il Fondo monetario internazionale per la ristrutturazione del pesante debito da oltre 44 miliardi di dollari è ancora lontano, nonostante i continui negoziati tra i rappresentanti delle due parti. È il presidente, Alberto Fernández, a segnalare il punto di vista del governo: “Il Fmi ci vuole imporre un programma”, ha detto in una intervista radio, facendo intendere con chiarezza che lo schema dell’organismo finanziario è l’opposto dell’obiettivo del suo esecutivo.

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Il presidente, Alberto Fernández

Fernández insiste sulla linea di “un accordo solido che convenga all’Argentina”, che è quello che segnala da mesi anche il suo ministro dell’Economia, Martín Guzmán: “Vogliamo pagare senza precluderci il diritto della ripresa economica”. E sono le stesse parole del csapo dello Stato: “La vera discussione è se il nuovo programma permetterà all’Argentina di continuare a crescere per pagare il debito o se si vuole ripetere la vecchia ricetta recessiva di tagli alla spesa”. Tagli che per il governo peronista, che considera imprescindibile la spesa sociale, è fumo negli occhi.

Intanto, da oltre confine, arriva l’avvertimento del Financial Times, secondo il quale in caso di mancata conclusione di un accordo di ristrutturazione con il Fmi, l’Argentina si ritroverebbe nelle condizioni di “paria finanziario internazionale”, relegato ai margini del mercato finanziario globale. Il paese, scrive la rivista britannica, “si avvicina alla data limite, marzo, con pochi segnali incoraggianti”.


Il rischio è che “le istituzioni finanziarie internazionali chiudano i rubinetti, isolandosi, mentre l’esecutivo continua a cercare sostegno per il nuovo accordo”. Secondo il Ft, infine, ci sarebbe “da parte delle autorità, reticenza sulla necessità di tagliare la spesa pubblica per ridurre il deficit”.

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Il ministro dell’Economia, Martín Guzmán

Né una parte né l’altra, al pari di mercati e analisti, negano che i tempi sono ormai stretti giacché per l’Argentina è fondamentale chiudere l’accordo entro marzo per evitare pagamenti allo stesso Fmi che avrebbe difficoltà a onorare. Nello stessomese, difatti, Buenos Aires ha in scandeza tre miliardi di dollari. Tanti, considerando la riserve costantemente sotto il tiro della svalutazione del peso e per la Banca centrale unico strumento di equilibrio sul mercato dei cambi.

Il punto di vista dell’attuale esecutivo è anche politico e lo stesso Fernández non ha mancato di ribadire che anche il Fondo “ha una quota di responsabilità” nella valutazione del maxi prestito concesso al governo di Mauricio Macri nel 2018. Recentemente sono filtrati documenti dell’istituto nei quali è certificata la non migliore gestione del programma di aiuti, implicitamente assolvendo, almeno in parte, l’attuale dirigenza argentina. “Nel 2019, lo abbiamo segnalato dall’opposizione avvertendo che il prestito stava sfumando attraverso la fuga di capitali”, ha concluso Fernández.

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