L’approvazione finale da parte del Board del Fondo monetario internazionale era l’ultimo step prima della concessione formale ed effettiva del maxi prestito. E il governo di Buenos Aires ci è arrivato dopo un mese di negoziati portati avanti dal team capeggiato, da parte argentina, dal ministro Nicolás Dujovne. L’accordo “Stand by” ora è realtà, con tutto quello che comporta in termini di riforme imposte dal Fondo per migliorare il tessuto economico e sociale del Paese, passando per la necessaria spending review che dovrà snellire macchina e costi dello Stato. 50 miliardi di dollari sono dunque a disposizione del governo per frenare la crisi che, da mesi, aveva cominciato a creare allarme dentro e fuori i confini nazionali. Ma l’esecutivo dovrà dimostrare step by step di fare i compiti a casa. La traccia è quella assegnata dal Fmi. Si parte da una prima tranche di 15 miliardi di dollari. Gli altri 35 restano fermi a Washington a titolo “precauzionale” e potranno essere ‘liberati’ più avanti qualora le autorità nazionali dovessero farne richiesta. E comunque subordinato a ‘esami trimestrali’ tesi a verificare la condotta del governo da parte del direttorio dell’organismo. È una sfida, dunque: più o meno debito estero dipenderà dalla bontà delle riforme che il governo riuscirà a realizzare. Deuda externa è una espressione cha laggiù spaventa non poco. Perché fa pensare alla cronica dipendenza del ‘Paese dei paradossi’. Perché porta alla mente i default totali o selettivi degli ultimi anni.

Il ministro Nicolás Dujovne con Christine Lagarde

I funzionari del Fondo fanno sapere che, dei 15 miliardi, la metà serve al cosiddetto respaldo presupuestario, in pratica una iniezione di liquidità nel bilancio pubblico. Lo scopo dell’intervento del Fondo, aggiungono, ha lo scopo di “rafforzare l’economia argentina ristabilendo la fiducia del mercato attraverso un adatto programma macroeonomico che riduca le necessità di finanziamento”. Inoltre, “accompagna il debito pubblico argentino in un certo percorso di diminuzione”, “rafforza il piano di riduzione dell’inflazione attraverso obiettivi realistici” e altresì “rafforza l’indipendenza della banca centrale”. Non da ultimo, il piano di aiuti “include misure per proteggere i segmenti più vulnerabili della società mantenendo la opportuna spesa sociale”. In caso di peggioramento degli indicatori macroeconomici, tuttavia, sarà possibile ampliare i margini di spesa della rete di protezione sociale del Paese”.


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