Un accordo tra l’Argentina e il Fondo monetario internazionale prima di febbraio 2022 è da escludere. È quanto ha reso noto il ministro dell’Economia, Martín Guzmán, facendo riferimento ai negoziati per la ristrutturazione del debito di quasi 45 miliardi di dollari che il Fmi ha concesso nel 2018 al governo di Mauricio Macri. Comprensibilmente, è la conseguenza della bocciatura della legge di bilancio per il 2022 da parte della camera dei deputati.

Questa, a sua volta, è il primo effetto della sconfitta elettorale che ha portato l’esecutivo di Alberto Fernández a perdere la maggioranza in senato e a dipendere da peronisti ‘non allineati’ nella camera bassa. Il Fmi, dal canto suo, aveva chiesto al paese uno sforzo più ampio possibile a livello politico, che non c’è stato. Agli occhi dei funzionari del Fondo, una larga condivisione di un programma economico sarebbe stato un segnale positivo.

Come sottolinea lo stesso Guzmán, la legge di bilancio “era la base della programmazione macroeconomica e veniva usata come scenario di riferimento per il negoziato”. Per tale ragione, “è stata una sorpresa inattesa che ha colpito il processo negoziale anche se rimane l’impegno delle parti a raggiungere un accordo”.


A ogni modo, continuano i contatti tra la dirigenza argentina e i vertici del Fmi per la definizione di un programma a lungo termine. Il nuovo ostacolo è costituito dalla assenza di impegni sul piano macroeconomico, contenuti nella legge di bilancio. Ora, difatti, il governo procederà alla proroga del precedente documento economico, la cui struttura è chiaramente lontana dal tradizionale schema di riforme suggerite dall’organismo di Washington.

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Il presidente Alberto Fernández e la numero uno del Fmi, Kristalina Georgieva, durante un incontro all’ambasciata argentina a Roma

Sul piano politico, la mano del governo è tesa e finora non incontra disponibilità dell’opposizione di centrodestra: “Paradossalmente, la forza politica che ha bocciato la manovra è quella che si è indebitata nel 2018”, ha aggiunto il titolare dell’Economia, invocando una condotta di “responsabilità da parte delle forze politiche dell’Argentina”.

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