Il debito pubblico sarà uno dei principali problemi della presidenza argentina di Alberto Fernández, rappresentando attualmente il 90 per cento del prodotto interno lordo, tra obbligazioni nelle mani del settore privato, organismi finanziari multilaterali e altre entità statali.

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È l’analisi di Ecolatina a ‘ingabbiare’ il prossimo mandatario, che assumerà la guida del paese il prossimo 10 dicembre. Inevitabile e urgente, dunque, una strategia per affrontre il problema giacché “difficilmente si riuscirà in poco tempo a raggiungere la crescita” necessaria a riportare equilibrio.

Durante la gestione Fernández andrà in scadenza circa la metà degli impegni finanziari che lo Stato ha con i suoi creditori, ai quali andrà a sommarsi i lpagamento degli interessi dello stesso debito pubblico. Tra i passivi di prossima scadenza, anche la restituzione di buona parte del prestito ottenuto dal Fondo monetario internazionale che, sulla base del cronoprogramma attuale, deve avvenire tra il 2022 e il 2023.


Inoltre, entro giugno 2020 il Tesoro argentino dovrà rimborsare anche circa 38 miliardi di dollari, somma che corrisponde al 10 per cento del Pil.

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Dal canto suo, Alberto Fernández ha già anticipato l’intenzione di adempiere rispettando le scadenze, segnalando tuttavia che il suo esecutivo avrà non poche difficoltà “alle attuali condizioni dell’economia argentina”. “L’economia deve recuperare, tornare a produrre e a esportare”, ha dichiarato il presidente eletto. “In questo modo avrà dollari per fare fronte agli obblighi. Oggi non è possibile, dopo due anni di caduta dei consumi”.

Sicuro appare – scenario non negato dai principali esponenti della prossima coalizione di governo – secondo la quasi totalità degli analisti, il ricorso alla rinegoziazione del debito che, per quanto riguarda il Fmi, lo stesso Fernández definisce “certa”.

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Il dubbio di Ecolatina è sulla capacità del prossimo esecutivo a muoversi sui mercati giacché, con un rischio paese superiore ai 2.000 punti base rispetto al buoni del Tesoro Usa, sarà poco agevole rifinanziare il debito. Situazione appesantita da un altro dubbio, sulla possibilità che il governo Fernández riesca a conseguire “rispario” nei conti pubblici con cui chiudere le pendenze debitorie. Un dubbio legittimo considerando la promessa di non diminuire – e forse aumentare, stando all’impostazione politica peronista – la spesa sociale.

Stando così le cose – con un mix di recessione, sfiducia dei mercati e difficoltà nel rifinanziare il debito – Fernández ha davanti a sé tre possibilità: aumentre la pressione fiscale, imprimere una decisa spending review o modificare le condizioni di pagamento dei passivi.

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