Al di là del presidente che risulterà eletto alle prossime elezioni, l’Argentina ha un cammino obbligato. È il senso delle riflessioni di Alejandro Werner, direttore del Fondo monetario internazionale per l’emisfero occidentale: “Dopo aver incontrato i candidati, sono convinto che per ottenere una crescita sostenibile è necessario insistere sulle riforme strutturali”.

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Il 2020, dunque, sembra destinato a essere un anno chiave con la sua agenda di riforme strutturali che, oltre al Fmi, sono gli stessi mercati a considerare imprescindibili per una ripresa dell’economia argentina. Il punto, semmai, è quello di individuare e definire le riforme stesse.

Come noto, i due principali candidati alla presidenza, l’uscente Mauricio Macri e lo sfidante peronista Alberto Fernández, hanno due visioni differenti, a tratti opposte se il secondo, una volta eletto, dovesse confermare la linea di Cristina Fernández. Su questo, però, non sono pochi gli analisti che prevedono una linea economica più ‘morbida’ rispetto agli otto anni di kirchnerismo.


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Stando alle dichiarazioni di Werner, i due candidati hanno enfatizzato le riforme che ritengono prioritarie ma “entrambi si sono mostrati favorevoli a fissare un piano di trasformazione economica di stimolo alla crescita”.

In vista delle elezioni, il governo Macri ha evitato di ‘toccare’ con decisione argomenti delicati. Gli impegni presi con il Fondo monetario vanno nella direzione di una riforma del sistema pensionistico e del mercato del lavoro, oltre che della riduzione di numerose forme di aiuto al sistema economico-sociale.

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Non è un mistero che l’organismo di Washington preferirebbe la continuità, fosse solo per la certezza di avere un interlocutore meno ostile a Buenos Aires. Tant’è che lo stesso Werner non nasconde che “l’economia argentina è in una condizione di vulnerabilità” ma che “il programma del presidente Macri sta dando risultati verso il recupero”.

Per questo, con il prossimo governo “ci potrà essere una combinazione di politiche differente” che potrebbe “acellerare o no il processo di ripresa”. Segnali di disponibilità al dialogo nel caso dovesse risultare eletto Alberto Fernández che, da parte sua, ha già fatto intendere che un suo eventuale esecutivo chiederà al Fmi di negoziare lo schema di collaborazione. Ma sui margini di manovra pesa il debito (enorme) di Buenos Aires verso l’organismo multilaterale.

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