Il Fondo monetario internazionale prende in considerazione l’ultima richiesta di aiuto avanzata dal governo argentino. Ma chiede garanzie ‘consistenti’. Per accedere alla richiesta di un rafforzamento del piano di assistenza finanziaria, l’esecutivo di Buenos Aires deve presentare un programma di risanamento fiscale con “riforme serie”.

È quello che ha chiarito il direttore del Fondo, Christine Lagarde, parlando al Financial Times della trattativa in corso per estendere i benefici del prestito di tipo Stand By già accordato lo scorso mese di giugno.


Nell’intervista Lagarde ha però precisato che occorrerà prima garantire alcune condizioni, tra cui “chiarezza, trasparenza, informazioni adeguate per gli operatori del mercato e una migliore comunicazione”. Inoltre: “Se il presidente include riforme serie nel suo programma allora vedremo, valuteremo il loro impatto sulla situazione macroeconomica argentina, determineremo la sostenibilità del debito e lavoreremo insieme”.

Il nuovo programma di riforme destinato a far approvare la richiesta argentina di “rafforzamento” del programma Stand by è stato presentato al Fmi lo scorso 5 settembre, e l’organismo ha quindi avuto modo di studiarlo nei dettagli. La caratteristica di “serietà” richiesta da Lagarde riguardo la proposta argentina è dunque legata all’approvazione della Legge finanziaria per il 2019 (la Ley de presupuesto) che il governo sta per presentare in parlamento (14 settembre).


Urtubey, Frigerio e Dujovne

Il Fmi tiene conto del fatto che il governo Macri non dispone di maggioranza assoluta in nessuna delle due camere e, anche dal canto suo, segnala come determinante l’adesione di una parte dell’opposizione al programma di risanamento fiscale. Questo perché senza legge di bilancio, ovvero senza un ampio consenso politico, le promesse del governo al Fondo rimarrebbero senza seguito e difficilmente Buenos Aires riuscirebbe a rispettare il programma di risanamento fiscale. Ma segnali positivi arrivano dai corridoi parlamentari.

La cronaca politica dà conto di una riunione avvenuta martedì tra il presidente Macri, il ministro dell’Economia, Nicolás Dujovne e quello degli Interni, Rogelio Frigerio, con i governatori di 19 delle 24 province argentine. Tenendo conto lo statuto eminentemente federale del paese, l’appoggio dei governatori è decisivo per l’approvazione di qualsiasi legge, in quanto, aldilà delle appartenenze politiche, un numero importante di deputati e soprattutto di senatori risponde direttamente alle direttive e agli interessi del governo provinciale.

Il governo, stando a fonti giornalistiche locali, sarebbe riuscito a convincere la maggioranza dei governatori a garantire l’approvazione di una legge di bilancio equilibrata che punta al pareggio tra entrate e uscite. A confermarlo le parole del governatore di Salta, Juan Manuel Urtubey, peraltro uno dei principali esponenti del peronismo ‘moderato’ contrario a una ricandidatura di Cristina Fernández: “C’è un consenso sul fatto che l’Argentina deve poter contare su una Finanziaria, che questa deve puntare a un equilibrio primario e che questo richiede uno sforzo da parte di tutti”.

Il pacchetto di proposte che Dujovne ha presentato al Fmi, stando alle prospettive dell’esecutivo, dovrebbero permettere al paese di arrivare al pareggio di bilancio entro il 2019 e anche a un avanzo dell’1 per cento nel 2020. Nel dettaglio le misure annunciate dal governo per raggiungere l’obiettivo del “deficit zero” sono sei. La principale riguarda l’introduzione di una tassa sulle esportazioni di beni e servizi rispettivamente di 4 e 3 pesos per dollaro esportato.

Un’altra importante misura è relativa alla riduzione dei costi amministrativi, soprattutto attraverso il congelamento degli stipendi pubblici sul tasso di inflazione, e l’alleggerimento delle strutture in termini di personale, sia attraverso licenziamenti nelle aree considerate “rinunciabili”, sia attraverso il mancato rinnovo dei contratti in scadenza. Una misura, questa, che più delle altre rischia di inaugurare un periodo di estrema conflittualità sindacale e sociale, tant’è che il principale sindacato, la Confederación general del trabajo, di area peronista, ha convocato uno sciopero generale il 25 di settembre.

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