La decisione del Brasile è un duro colpo alle esportazioni argentine, sebbene limitata a mele, pere e mele cotogne. Ma avrà comunque ripercussioni nell’area dell’Alto valle del Río Negro, dove si concentra il grosso della produzione. Con una determinazione pubblicata sul Bollettino ufficiale del Brasile, il governo del gigante verde-oro ha decretato lo stop, a partire dal 26 febbraio, di questi prodotti argentini per ragioni collegate a controlli fitosanitari.

Secondo il dipartimento di sanità vegetale il fine della decisione è quello di evitare il rischio della Cydia pomonella, larve che distruggono quei frutti e si propagano con facilità. Il provvedimento, stando a quanto scrive la stampa locale, sarebbe stato notificato solo nelle ultime ore al Senasa, il Servizio nazionale di sanità e qualità agroalimentare dell’Argentina.

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La chiusura della frontiera ai frutti argentini preoccupa i territori coinvolti, nelle province di Río Negro e Neuquén, giacché il mercato brasiliano garantisce entrate per 150 milioni di dollari. E rischia di aggravare ulteriormente la crisi nel settore, importante a livello regionale anche in termini di posti di lavoro.


Settore che, va aggiunto, è già alle prese con non poche difficoltà. Nel giugno del 2018, il ministero dell’Agricoltura ha prorograto di un anno lo stato di emergenza per la filiera di pere e mele delle province di Neuquén, Río Negro, Mendoza, San Juan e La Pampa, vessato dall’aumento dei costi (anche energetici), pressione fiscale e dollarizzazione delle materie prime come i semi.

Secondo un rapporto della confederazione argentina delle medie imprese, la produzione di mele e pere, concentrata tra Río Negro e Neuquén, genera 28mila posti di lavoro temporanei nelle fasi del raccolto, ma con costi ormai ampiamente al di sopra del prezzo finale che ricevono i produttori.

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