L’Argentina subirà una contrazione del 12,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2020. È l’ultima stima elaborata dalla Banca mondiale sugli effetti causati dalla pandemia del nuovo coronavirus nella regione latinoamericana. La nuova previsione risulta più pesante della precedente che, nel mese di giugno, pronosticava una perdita di Pil del 7,3 per cento nell’anno in corso.

covid economia argentina pil crisi banca mondiale 2020

Il documento della World bank imputa la forte caduta dell’attività economica argentina alla prolungata durata delle misure di distanziamento sociale e la diminuzione della domanda esterna globale che sono andate a sommarsi a una situazione di recessione già in atto. Nelle stime della Banca mondiale, dunque, l’Argentina è il paese della regione latinoamericana a perdere maggiore ricchezza.

Viene prima di Perù, che perderebbe il 12 per cento, Ecuador (-11) e Messico (-10), mentre il prodotto interno lordo dell’intero Latinoamerica e Caraibi, Venezuela escluso, nel 2020 perderà il 7,9 per cento per poi crescere di quattro punti nel 2021 nei calcoli congiunti di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. A perdere meno Pil nella regione, Brasile e Cile, rispettivamente col -5,4 e -6,3 per cento rispetto al 2019.


La ripresa dell’economia, secondo il documento della Banca mondiale, arriverà con la progressiva revoca delle misure di prevenzione contro la pandemia anche se, viene specificato, “il ritmo di crescita sarà lento per l’elevata incertezza che limita la crescita degli investimenti e per la necessità di ridurre un consistente deficit fiscale”.

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Questo per l’Argentina significa che nonostante il +5,5 per cento previsto per il 2021, l’economia del paese potrà tornare al livello pre-pandemia non prima del 2023. Gli analisti dell’istituto finanziario, inoltre, avvertono che nel 2020 il 27,1 per cento della popolazione cadrà sotto la soglia della povertà.

Con questa situazione di fondo, secondo la Banca mondiale il governo di Buenos Aires ha davanti a sé una serie di incognite e problematiche da affrontare, soprattutto legate alla stabilizzazione di un’economia con una forte tendenza a svalutazione e inflazione. Secondo la Bm “un rapido aggiustamento fiscale ridurrebbe l’espansione monetaria e, di conseguenza, la pressione inflazionistica e il divario crescente tra i tassi di cambio ufficiali e quelli paralleli, ma potrebbe ostacolare la ripresa imminente”.

Il rinvio del consolidamento fiscale d’altra parte “porterebbe al rischio di un esaurimento delle riserve e di una svalutazione disordinata del tasso di cambio accompagnata da picco inflazionistico nel medio termine”. Di qui al suggerimento di atture “un chiaro programma di riforme economiche tese alla stabilizzazione e la ripresa macroeconomica”. Così sarebbe più facile “agevolare un ritorno all’accesso al mercato, abbassando i rischi inflazionistici e ripristinando la fiducia necessaria all’ingresso di investimenti”.

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