L’Argentina è ‘al limite’: nelle ore in cui lo spread superava i 1.000 punti base (il più alto dal 2014) per poi ridursi a 950, il Financial Times lanciava un suo punto di vista sulle attuali condizioni del paese. Il senso dello scritto è sintetizzato nel titolo: Argentina in on the brink. Un modo per dire che il paese sta camminando su un ‘cornicione’, in bilico, in una posizione molto pericolosa.

Il quotidiano finanziario britannico lancia l’allerta sul rischio paese, la svalutazione del peso, l’inflazione crescente e l’elevato livello di indebitamento derivante dalle scelte del governo di Mauricio Macri. “La situazione non può che peggiorare in attesa di trovare una soluzione a questi problemi”, scrive Colby Smith.

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La descrizione che il Ft fa dell’Argentina è preoccupante, anche considerando l’autorevolezza del quotidiano nella comunità finanziaria mondiale: non traspare per nulla fiducia sul futuro del paese sudamericano, segnalando altresì che nei mercati cresce il timore di un nuovo default.


Secondo l’autore, l’esecutivo guidato da Macri sta commettendo l’errore di correggere le sue misure in vista delle elezioni presidenziali del 27 ottobre sulla base dell’umore dell’elettorato. Condannando, così, al fallimento i provvedimenti d’urgenza che dovrebbero essere più coraggiosi e ortodossi, svincolati dalla campagna elettorale.

Viene inoltre ricordato che, durante l’amministrazione Macri, l’Argentina è diventato “il secondo paese indebitato più rischioso del mondo dopo il Venezuela” nonostante abbia ricevuto il credito più grande della storia concesso dal Fondo monetario internazionale. La combinazione di indebitamento e perdita di fiducia a livello globale si riflette sul cosiddetto Credit Default Swap: il 24 aprile, il costo di assicurazione del debito contro un eventuale default è salito al livello più alto dall’inizio della presidenza Macri. In altri termini: cresce la paura di un nuovo default.


Quello che il Financial Times spiega è che i movimenti bruschi circa la credibilità argentina si verificano ogni volta che i mercati percepiscono come difficile una rielezione di Macri e quando il governo non ottiene risultato dalle misure dirette a contenere l’aumento dell’inflazione e il deprezzamento della moneta nazionale.


La stessa recente decisione sul congelamento dei prezzi dei prodotti e servizi essenziali, seppure venga valutata come positiva nel breve periodo, sottolinea Smith, “lancia un segnale preoccupante agli investitori che hanno ancora memoria dolorosa della precedente amminsitrazione”.

Tuttavia, l’autore riconosce a Macri il merito di una buona politica monetaria e di avere riequilibrato la bilancia commerciale del paese. Ciononostante, avverte, “con il surplus del commercio non si vincono le elezioni”. Perché sugli altri temi (inflazione, peso, povertà, consumi), aggiunge, gli argentini “pensano che oggi la situazione è peggiorata rispetto a quando Macri ha assunto la presidenza”. Con la conlusione che “nei prossimi mesi il panorama economico argentino non sarà migliore” di quello attuale.

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