Il governo argentino ha due obiettivi urgenti: convincere i mercati di avere gli strumenti giusti per frenare il crollo economico-finanziario e convincere anche il Fondo monetario internazionale sulle modalità di riassetto dei conti pubblici e dell’inflazione. Uno di questi strumenti è stato annunciato dallo stesso presidente Macri: una nuova tassa. “Sappiamo che è una tassa cattiva, ma vi chiedo di capire che si tratta di un’emergenza. Abbiamo bisogno in questo momento di un sacrificio che chi ha deve fare”. Quello che aveva promesso in campagna elettorale -nessuna nuova tassa – viene meno davanti allo stato di grave necessità.

La nuova manovra colpisce gli esportatori, i più avvantaggiati dal deprezzamento del peso. Pagheranno una trattenuta extra fino al 10 per cento per ogni dollaro che ricevono. Sul versante della riduzione della spesa pubblica, il governo ridurrà i costi della macchina statale con l’eliminazione di 13 ministeri su un totale di 23. Si stima che il provvedimento farà risparmiare 9 miliardi di dollari fino al dicembre 2019. I tagli maggiori alla spesa, pari allo 0,7 per cento del Pil, riguarderanno gli investimenti pubblici ma avranno un forte impatto anche sul portafoglio degli argentini, attraverso l’eliminazione dei sussidi ai trasporti e all’elettricità.


Misure approvate in un clima teso all’interno della maggioranza. Secondo la stampa nazionale il pacchetto di misure economiche è stato ‘partorito’ durante un fine settimana frenetico in cui il presidente si è chiuso nella residenza ufficiale di Olivos con i suoi ministri per delineare il piano strategico fra rumors e polemiche sul nuovo rimpasto di governo. Lo stesso Macri non ha pubblicamente escluso che le nuove misure avranno una ricaduta certa sulle fasce più deboli. Ma si è impegnato ad aumentare la spesa sociale. Questo, de resto, è negli accordi con il Fondo monetario, che non ostacolerà (entro certi limiti) maggiore spesa in contrasto a povertà e indigenza.

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