Clima di nervosismo persistente sui mercati per la situazione politica argentina. A risentirne è la credibilità del sistema paese agli occhi degli invesitori. Un nuovo colpo arriva con le dimissioni del ministro delle Finanze, Nicolás Dujovne, pedina importante dell’esecutivo di Mauricio Macri per aver gestito i negoziati con il Fondo monetario internazionale.

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La giornata finanziaria di lunedì 19 agosto è stata caratterizzata da una apertura con lo spread in aumento del 14 per cento, a 1.897 punti base rispetto ai buoni decennali del Tesoro degli Usa a dieci anni. Con Dujovne ancora alla guida del ministero più importante il rischio paese si era attestato sui 1.658 punti nel pomeriggio di venerdì 16. La rinuncia, che evidentemente i mercati non hanno gradito o ancora metabolizzato, è arrivata nel tardo pomeriggio di sabato.

Per l’economia argentina è stata una settimana da incubo, quella cominciata con le primarie per la presidenza dell’11 agosto. Alla vigilia del voto era fermo a 860, ma nei giorni successivi lo spread è salito fino a toccare i 2mila punti base, per poi ripiegare ma su livelli comunque altissimi da ‘fuori mercato’. Situazione che ha portato le agenzie di rating Fitch e Moody’s a rivedere la loro classificazione del debito argentino, non eslcudendo situazioni da default.


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È stato un crescendo, inarrestabile. Il giorno dello scrutinio, lunedì 12 agosto, l’indicatore di Jp Morgan era arrivato a segnare 1.461 punti base come reazione a un voto che ha premiato l’opposizione kirchnerista. Di lì al giorno dopo – con il peso argentino che nel frattempo perdeva il 30 per cento sul dollaro – a toccare il livello di 1.771. Il record negativo – il massimo storico dell’era Macri – è stato raggiunto con i 1.946 di mercoledì 14 agosto, poi sceso a 1.735 il giorno successivo.

Con questo clima si attende l’arrivo della missione tecnica del Fondo monetario internazionale, tra questa settimana e la prossima. Obiettivo la consueta revisione periodica dell’accordo tra Buenos Aires e l’istituto di Washington. In ballo la prossima tranche di prestito da 5,5 miliardi di dollari.

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