“Con il Fondo monetario internazionale stiamo discutendo l’architettura del prossimo programma finanziario”, fa sapere Sergio Chodos, rappresentante dell’Argentina presso il Fmi. Tra Buenos Aires e Washington si lavora a ritmi serrati, dai negoziati per la ristrutturazione del max debito da oltre 44 miliardi di dollari non emerge nessuna certezza sui tempi nonostante indiscrezioni ‘qualificate’ che parlano di un accordo entro il prossimo marzo.

Prospettive di crescita dei prossimi anni, tipo di cambio, controllo della spesa pubblica, sostenibilità dei pagamenti futuri: le parti dialogano sugli aspetti principali, ma sembra imporsi come fondamentale anche l’assetto politico del paese. Un dato, questo, che guarda alle prossime elezioni politiche parziali del 14 novembre quando, secondo i sondaggi e i risultati delle primarie, l’attuale maggioranza che sostiene il governo di Alberto Fernández, potrebbe vedersi ridimensionata.

Secondo indiscrezioni provenienti dalle stanze del Fmi e veicolate dalla stampa argentina, l’organismo finanziario chiede che il nuovo programma di credito ottenga il sostegno della maggior parte dell’arco politico del paese nonché dei principali settori economici e sociali come sindacati e le organizzazioni degli imprenditori. Un consenso ampio che, secondo il Fmi, è necessario alla luce della durata della futura linea di credito, dieci anni, e delle riforme strutturali che dovrà richiedere.


Sul punto, l’idea del Fmi rispecchia quella del presidente Fernández, entrambi convinti che il nuovo programma in costruzione debba essere approvato dal parlamento, in modo da rendere chiaro e ufficiale l’orientamento di ogni forza politica sui rapporto con il Fondo. Non è un mistero che l’istituto sia preoccupato dal diverso approccio esistente nella stessa coalizione di governo sulle riforme economiche, soprattutto sul terreno della spesa pubblica, fortemente influenzata da quella sociale.

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Il ministro dell’Economia, Martín Guzmán, e Kristalina Georgieva (Fmi)

Il dubbio di base, secondo gli analisti politici ed economici, è legato alle mosse politiche della vicepresidente, Cristina Fernández, in caso di sconfitta elettorale a novembre. È lei, del resto, che guida l’ala della maggioranza critica verso i rapporti col Fmi e restia a riforme ‘chieste’ da oltre confine.

La stessa stampa argentina non manca di segnalare la preoccupazione tra le sfere più alte dell’esecutivo per il fatto che, data per certa la condizione di riforme per ottenere un nuovo accordo, la vicepresidente e i settori a lei legati possano prendere le distanze dalla scelta del leader della Casa Rosada. E, agli occhi di elettorato e opinione pubblica, indicarlo come ‘responsabile’ degli aggiustamenti dei conti pubblici a venire.

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