Sono bastate poche ora per rovinare la festa a Alberto Fernández uscito dalla primarie in Argentina più forte dell’uscente Mauricio Macri. Il distacco tra i due è notevole, del 15 per cento. Numeri che, se confermati il 27 ottobre, darebbero vittoria al primo turno al candidato peronista e alla sua vice, Cristina Fernández.

E mentre si concludeva lo spoglio in tutto il paese, era molto attesa la reazione dei mercati che, come noto, speravano e scommettevano su una migliore performance dell’italo-argentino.

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Lo scorso venerdì, difatti, il segnale era stato lanciato. A 48 ore dalle urne delle Paso, le azioni argentine a Wall Street avevano guadagnato fino al 10 per cento. Anche la Borsa di Buenos Aires aveva chiuso con un +8 per cento.


Dopo la notizia della valanga dei Fernández – termine non eccessivo considerando le inchieste che parlavano di massimo il 5 per cento di scarto – torna a deprezzarsi il peso argentino: del 16 per cento circa fino a toccare un cambio di 60 pesos, vale a dire quasi 15 in più rispetto a venerdì. Gli analisti non escludono che il biglietto verde continui ad aumentare nel corso della giornata.

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Sfiducia anche nella borsa di New York, dove le azioni argentine hanno finora registrato cali che toccano il 46 per cento. È il caso del titolo di Banco Galicia, che cede il 45,6 per cento, perdite che non si vedevano dal nefasto 2002. Tra gli altri: Pampa Energía perde il 36, la petrolifera statale il 31.

Stessa sorte per i titoli di Stato, scendendo del 20 per cento. Dopo un iniziale parità rispetto ali 861 punti base registrata a chiusura della scorsa settimana, il rischio paese, calcolato rispetto ai buoni americani, è salito a 904 nelle prime ore dopo il voto con una previsione attorno ai mille a fine giornata.

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