Sul fronte economico una parziale buona notizia per l’Argentina arriva da oltre confine. È l’accelerazione della crescita del Brasile, principale socio commerciale dell’Argentina. Ma le prospettive per Buenos Aires sono una conferma delle precedenti stime. È lo stesso Fondo monetario internazionale, in un report del responsabile dell’istituto per l’emisfero occidentale, Alejandro Lerner, a precisare che il Pil del paese sudamericano nell’anno in corso segnerà un calo dell’1,3 per cento. La crescita arriverà nel 2021 con un tasso stimato dell’1,4 per cento.

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Martín Guzmán

Nel frattempo, i negoziati tra il governo di Buenos Aires e il Fmi sembrano prendere una piega positiva. Sul tavolo la ristrutturazione del debito per il quale l’Argentina chiede un nuovo cronoprogramma dei rimborsi, considerati al momento fuori dalle possibilità del paese. A tal fine, è il ministro dell’Economia, Martín Guzmán, a portare avanti le trattative che lo vedranno incontrare, peraltro in occasione di evento in Italia, il direttore del Fondo, Kristalina Georgieva.

L’organismo di Washington, intanto, prepara una nuova missione a Buenos Aires, capeggiata da Luis Cubeddu, per le verifiche di routine sullo stato dei conti pubblici e su attuazione e risultati degli accordi alla base del maxi prestito da 57 miliardi concesso all’Argentina durante il governo Macri. La stampa economica argentina dà conto di un certo ottimismo nelle stanze dell’esecuitivo guidato da Alberto Fernández.


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La strategia del presidente è quella di ‘sdoppiare’ il piano negoziale. Se la parte tecnica è demandata al ministro Guzmán, Fernández porta avanti il negoziato politico. A questo risponde il suo viaggio in Europa per incontrare gli omologhi di Italia, Germania, Francia e Spagna. Stando alle indiscrezioni, sia Angela Merkel che Emmanuel Macron avrebbero compreso la richiesta di Buenos Aires, cioè “onoriamo i nostri debiti, ma in un contesto di crescita del paese che lo consenta”.

Fernández sa bene che il voto di Berlino e Parigi nel board del Fmi è importante, nonostante sia fondamentale e determinante l’orientamento degli Stati Uniti, che detengono il 16 per cento. Lo stesso peso esercitato per agevolare il prestito chiesto dal governo Macri.

E, insomma, la voce di Germania e Francia potrebbe essere utile nella determinazione della decisione Usa. Un gesto di apertura della Casa Bianca potrebbe essere individuato nella decisione di non applicare gli annunciati onerosi dazi a acciaio e alluminio importati dall’Argentina.

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