L’Argentina verso il superamento dell’esame da parte del Fondo monetario internazionale. Sembrano trapelare notizie confortanti dalla missione del Fmi, arrivata lunedì a Buenos Aires, incaricata di effettuare la terza revisione dell’accordo ‘Stand by’ dello scorso giugno. In sintesi: verificare lo stato dei conti pubblici e la corretta applicazione delle misure pattuite con l’istituto di Washington.

Secondo indiscrezioni diffuse dalla stampa argentina, non ci dovrebbero essere ostacoli affinché arrivi la prima tranche del 2019. Si tratta di 11 miliardi di dollari che completerebbero la cifra di 24 miliardi del secondo accordo firmato a settembre 2018. Le stesse voci danno per sicura anche la prossima revisione, a maggio o giugno, con conseguente arrivo di altri 18 miliardi nelle casse di Buenos Aires.

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Quindi circa 30 miliardi di dollari che, arrivando nel corso del 2019, metterebbero al sicuro la stabilità del paese, anche agli occhi degli investitori. Eliminando le possibilità di default nel 2019 e in gran parte del 2020, Mauricio Macri arriverebbe alla elezioni presidenziali di ottobre con un problema in meno.


L’ultima parola, comunque, il 19 marzo, spetta al board del Fondo monetario sulla base della relazione finale redatta dagli ‘ispettori’ inviati a Buenos Aires guidati dall’italiano Roberto Cardarelli (nella foto).

Tutto sembra andare verso uno scenario in cui il governo Macri completi il programma legato al prestito da 57,1 miliardi di dollari. Da quel momento non ci saranno più iniezioni finanziarie da parte del Fmi, ma l’Argentina dovrà continuare a rispettare l’accordo di settembre sul piano delle riforme strutturali, che, come sempre, sono essenzialmente due: riforma delle pensioni e riforma del lavoro. Sulle quali si dovrà negoziare con il Fondo.

I tempi tecnici della legislazione vanno oltre il mandato di Macri e, dunque, dipendono dai risultati delle presidenziali e politiche parziali. In caso di rielezione dell’attuale presidente, la strada dei negoziati sarebbe agevole e piuttosto rapida, ma non nel caso in cui dalle urne dovesse uscire un altro presidente.

È per questo che i funzionari del Fmi hanno in agenda incontri con i responsabili economici delle opposizioni per conoscere, almeno in linea generale, qual è la loro posizione in merito agli accordi vigenti. A confermarlo è Roberto Lavagna, possibile candidato del peronismo moderato.

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