Quando, lo scorso maggio, il presidente Macri annunciò un altro, imminente accordo tra l’Argentina e il Fondo monetario internazionale, le strade del paese furono invase da movimenti di protesta. Perché gli argentini sapevano cosa li avrebbe attesi, da lì in avanti. E del resto, con più di venti accordi siglati con l’ente di Washington dal 1958, era facile prevedere tempi grami, con tagli alla spesa corrente e misure, più o meno pesanti, di austerità.

Per la verità, negli ultimi anni anche il Fmi ha dovuto prendere atto delle varie realtà, e modificare, seppur solo parzialmente, la sua linea di condotta. E difatti, nel prestito da oltre 56 miliardi di dollari concesso a Buenos Aires sono incluse manovre di protezione della spesa sociale. Ma questo, come ben evidenziato da un’analisi pubblicata sul Financial Times, non può bastare a sanare tutte le preoccupazioni sulle difficoltà e i sacrifici imposti al popolo argentino, chissà ancora per quanto tempo.

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Nonostante tutte le critiche a Macri, qualche sostanziale miglioramento c’è stato, soprattutto nel correggere alcuni macro-squilibri strutturali. Sul fronte fiscale, il deficit è sceso al 2,6 per cento del Pil, dal 3,8; mentre su quello commerciale, nel mese di marzo l’Argentina ha registrato un importante surplus di quasi 1,2 miliardi di dollari.


Altri settori, invece, stanno soffrendo fortemente per la recessione. Sempre a marzo, e rispetto a un anno prima, le costruzioni sono precipitate del 12,3 per cento, mentre la produzione industriale del 13,4 per cento. Di pari passo, livello di povertà e tasso di disoccupazione sono in costante ascesa, mentre l’inflazione è ormai a livelli record, sul 55 per cento.

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Tutte problematiche strutturali, comuni a paesi iper-indebitati, per le quali un programma standard come quello del Fondo può rivelarsi perfino dannoso, nel breve-medio periodo, per poi palesare i suoi effetti benefici solo nel lungo. Insomma, molto semplicemente, il rischio che il perseguimento degli aggiustamenti economici previsti peggiori ulteriormente la già difficile situazione che il popolo argentino vive c’è, ed è molto alto.

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