Il tema delle “compensazioni” da parte del governo argentino ai produttori e distributori di gas (tra cui la italiana Enel/Endesa) sta sollevando un dibattito che cresce ogni giorno. Recentemente l’esecutivo, all’interno del quadro regolatorio così come è stato parzialmente modificato dalla presidenza Macri, ha stabilito che rimborserà alle imprese “le differenze nel cambio” per aver somministrato gas, attraverso le società di distribuzione, comprandolo a un prezzo in dollari che oscillava tra i 28 e i 42 ma addebitandolo agli utenti a 20 dollari, perché quella era la tariffa stabilita lo scorso aprile.

In teoria gli operatori avrebbero potuto scaricare il maggior costo dovuto al cambio sulle imprese e le famiglie, ma dopo una pioggia di critiche sulle modifiche alla regolamentazione volute dal governo Macri, l’esecutivo ha stabilito per decreto che questa differenza dovesse essere posta a carico del bilancio nazionale. Gli operatori (produttori e distributori) dovranno ora formulare una proposta di tariffa sufficiente per coprire eventuali svalutazioni della moneta e non potranno avanzare richieste in un secondo momento.


Il decreto, si legge nel Boletín Oficial, stabilisce che “a partire dal primo aprile 2019, gli operatori della produzione e del servizio di distribuzione di gas attraverso la rete prevederanno nei propri contratti che in nessun caso si potrà trasferire agli utenti il maggior costo provocato da variazioni del cambio avvenute durante il periodo in oggetto”.


Su questa base la segreteria di Stato per l’Energia ha chiarito che non riconoscerà costi aggiuntivi per variazioni cambiarie. Precedentemente il segretario all’Energia, Javier Iguacel (nella foto di copertina), aveva suggerito agli operatori di assicurarsi dal rischio attraverso strumenti finanziari sul mercato dei futures.

Tuttavia, il governo sta pensando a una riforma complessiva del settore energetico e di procedere a una liberalizzazione totale: produttori e distributori potranno chiudere liberamente contratti a cinque anni senza l’intervento del gestore statale Cammesa. Il governo Macri, in altre parole, sta cercando di portare il paese definitivamente fuori dalle folli politiche kirchneriste, che hanno determinato la (costosa) nazionalizzazione di Ypf e, soprattutto, hanno imposto un regime di tariffe bloccate (con il motivo strumentale di proteggere le fasce più deboli della popolazione) che ha portato sull’orlo della bancarotta la maggior parte delle società nazionali. Tra queste vi è Edesur, la principale distributrice della provincia di Buenos Aires e del paese, controllata dalla italiana Enel, che è arrivata ad accumulare in passato un “rosso” di 900 milioni di euro.

La polemica di questi giorni è incentrata sul problema della svalutazione del peso, ma evidenzia bene un altro caso di eredità avvelenata del passato. Già in precedenza, di fronte alle rimostranze degli operatori e alle non tanto velate minacce di interruzione del servizio, la segreteria per l’Energia dovette acconsentire, per il periodo ottobre 2018-marzo 2019, a un aumento delle tariffe gas del 34,7 per cento. Per il prossimo inverno la segreteria punta ad avere una tariffa fissa concordata, da rivedere due volte all’anno.

In un quadro già effervescente giunge, infine, con scarso senso dell’opportunità, un comunicato ufficiale di Gas Natural Ban, filiale argentina della spagnola Naturgy (precedentemente Gas Natural Fenosa). Il branch della multinazionale catalana ha annunciato infatti che, grazie ai rimborsi ottenuti dal governo, registrerà un impatto molto positivo nel proprio bilancio di quest’anno. Riuscirà infatti a recuperare una perdita potenziale di ben 132 milioni di euro. Nella nota, Naturgy commenta favorevolmente la decisione del governo e sottolinea che essa “rafforza la credibilità e la stabilità del paese di fronte alla comunità internazionale degli investitori”.

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