Nuovi dati ufficiali disegnano un quadro economico negativo dell’Argentina. L’attività economica nel paese sudamericano è diminuita del 6,7 per cento su anno nel mese di giugno 2018. È scritto a chiare lettere nel rilevamento mensile ufficiale (Emae), reso noto dall’Istituto nazionale di statistica (Indec). Dati alla mano, si tratta della maggiore caduta della produzione registrata dall’insediamento del governo Macri. Le previsioni annunciano che anche il mese di luglio registrerà una ulteriore diminuzione caduta. Tra le cause principali, segnala il documento dell’Indec, la forte siccità estiva che ha determinato il crollo della produzione agropecuaria (-31 per cento), ma anche le forti riduzioni nei settori della pesca (-16,2 per cento) e del commercio (-8,4 per cento) e dell’industria (-7,5 per cento). Al contrario, tra i settori con maggiore incidenza positiva figurano invece quelli delle attività immobiliari, il settore finanziario e quello minerario.

Questi dati si affiancano a quello sul bilancio cambiario reso noto dalla Banca centrale argentina da cui emerge che la fuga di capitali nei primi sette mesi dell’anno ha superato i 20 miliardi di dollari duplicando il registro ottenuto nello stesso periodo del 2017. Nel dettaglio, la fuga di capitali è stata dovuta principalmente all’acquisto di valuta pari a 2,386 miliardi di dollari, e per ‘uscite’ verso l’estero equivalenti a 965 miliardi di dollari. In questo senso il documento della Banca centrale segnala anche che il 47 per cento degli acquisti di valuta sono stati effettuati per somme fino a diecimila dollari, e che l’acquisto medio corrisponde a 2.725 dollari. Numeri che sembrerebbero spiegare che nell’attuale contesto di volatilità cambiaria e di elevata inflazione è ormai la classe media a cercare rifugio nella valuta statunitense e non solo i grandi attori o gli speculatori.

Negativa anche la bilancia commerciale, che a luglio ha registrato una ulteriore caduta del 5,4 per cento su anno registrando un saldo negativo di 789 milioni di dollari. Si allunga in questo modo a 19 mesi consecutivi il periodo di risultati in rosso mentre l’aggregato dei primi sette mesi dell’anno, da gennaio a luglio, dà un saldo negativo di 5.867 milioni di dollari contro i 3.363 milioni dello stesso periodo del 2017.


A fronte della criticità del deficit di conto corrente e della difficoltà di generare risorse genuine in un contesto recessivo il governo ha varato un piano integrale di riduzione della spesa pubblica basato sulla eliminazione del fondo di solidarietà alle esportazioni di soia, sulla riduzione del rimborso alle esportazioni, e sul mantenimento delle aliquote sul commercio di olio e farina. È il contenuto di tre decreti annunciati dall’esecutivo di Mauricio Macri, che puntano a generare un risparmio fiscale complessivo di 400 milioni di dollari per quel che resta del 2018 e di 1,75 miliardi nel 2019. L’obiettivo dei decreti è quello di trasmettere un chiaro messaggio a mercati e investitori: che il governo non transige sul compimento dell’impegno preso con il Fondo monetario internazionale di ridurre il disavanzo fiscale all’1,7 per cento del Pil entro il 2019.

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