L’ingresso nell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) è uno dei grandi obiettivi del governo di Mauricio Macri, le cui politiche sono dal principio improntate a una sempre più ampia apertura del paese. L’adesione al ‘club’ parigino per l’Argentina vorrebbe dire fare parte di un consesso che rappresenta ormai l’80 per cento del prodotto interno lordo mondiale. E darebbe nuove opportunità in termini di attrazione di investimenti esteri.

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Sul tema la diplomazia argentina è al lavoro da diversi mesi e, in linea di principio, stando alle indiscrezioni, non ci sarebbero ostacoli insormontabili. È, invece, sul piano pratico che l’Argentina dovrà dimostrare l’efficacia di politiche pubbliche di riforma. E, chiaramente, la volontà di costruirle.

Le ultime dichiarazioni del segretario generale dell’organizzazione, Ángel Gurría, sembrano andare nella direzione dell’ammissione. Ma non sono tuttavia chiari i tempi. I membri hanno sostanzialmente deciso di posticipare la decisione. “Abbiamo 36 membri e ognuno dovrà prendere le sue decisioni”, ha dichiarato Gurría, aggiungendo però che “il processo non è fermo”.


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Ángel Gurría col ministro delle Finanze argentino, Nicolás Dujovne


In attesa con l’Argentina anche Brasile, Perù, Romania, Bulgaria e Croazia. Sia Buenos Aires che Brasilia vantano l’appoggio dichiarato dell’amministrazione americana e, difatti, anche durante il G20 di Buenos Aires, fu lo stesso Donald Trump a esprimersi a favore del paese ospitante.

Questo è lo stato dell’arte alla conclusione della riunione annuale. Fonti diplomatiche citate dalla stampa argentina sottolineano che i paesi membri “vogliono sapere quale sia il fine dell’ammissione di nuovi soci”. Perché vero è che tra gli stati aderenti c’è una certa collaborazione ad affrontare e superare sfide e ostacoli comuni, ma è altrettanto chiaro che i paesi membri devono garantire politiche pubbliche che non siano in contrasto con i fini dell’Ocse. Vale a dire norme, soprattutto, in materia commerciale, tributaria, del lavoro, ambientale che non presentino squilibri con quelle di fondo sostenute dall’organizzazione.

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