Mentre forti venti di crisi soffiano sul Bosforo, non cala la tensione su Buenos Aires. Il dollaro americano ha chiuso la settimana in Argentina toccando il suo massimo storico a 29,85 pesos con un incremento del 4 per cento sulla scia di una maggiore domanda dovuta al contesto di incertezza e instabilità, sia esterna sia locale. Secondo il quotidiano economico argentino Ámbito Financiero, la tendenza all’apprezzamento del dollaro ha accompagnato in Argentina il fenomeno al rialzo del biglietto verde registrato a livello mondiale, ma con una intensità nel mercato locale che ha sorpreso gli operatori. Rispetto alla chiusura del venerdì precedente, il tasso di cambio si è incrementato di 1,96 pesos e l’analista Gustavo Quintana ha osservato che “era dalla fine di giugno che non si registrava una crescita settimanale del dollaro così importante”. E mentre il dollaro ha toccato i 30 pesos, i tassi si sono incrementati del 60 per cento, le azioni argentine sono cadute a Wall Street dell’11 per cento e i bond del debito dell’8. Scendono le riserve della Banca centrale e il rischio paese ha raggiunto i 700 punti.

È per questo che alcuni analisti hanno definito il peso argentino “la seconda moneta peggiore del mondo”. Questo perché, tra quelle dei mercati emergenti, la valuta argentina è al secondo posto in fatto di svalutazione sul dollaro Usa, seguita dal rand sudafricano e dal real brasiliano. Il primato negativo in questo momento va alla lira turca. Per una comparazione nella regione latinoamericana: sempre rispetto al biglieto verde il peso messicano e quello colombiano hanno una svalutazione media dell’1 per cento.


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