Chiuso il G20 di Buenos Aires, è il momento dei bilanci. Per il paese e per il presidente, Mauricio Macri. E delle prospettive per l’uno e per l’altro. Da Donald Trump a Christine Lagarde del Fondo monetario internazionale (partner entrambi vitali per Macri) al canadese Trudeau, fino a Putin e Macron: i complimenti per l’organizzazione e la sintesi sull’accordo sono diversi e tutti di un certo peso. A cominciare dal documento finale, ma senza sottovalutare l’assenza di scontri: entrambe circostanze che hanno funestato il G20 di Amburgo dello scorso anno.

Macri può dunque considerarsi vincitore? A prima vista sì, a cominciare dal valore totale degli investimenti che il mandatario argentino avrebbe ottenuto dai presenti al vertice. La stima effettuata dallo stesso esecutivo è di tre miliardi di dollari, non poco per un paese, nonostante tutto, guardato con diffidenza da partner e investitori internazionali. I dettagli su quanto deciso nei vari incontri bilaterali sembrano dare ragione all’italo-argentino quando afferma che “il mondo ci ha dato spazio”.


Dai 17 bilaterali che hanno avuto luogo emergono notizie confortanti per il paese, soprattutto in quattro casi. Il presidente sarà in visita ufficiale in Arabia Saudita e India, forse già a febbraio, e le delegazioni di entrambi i paesi si sono impegnate a rafforzare le relazioni e a tornare in Argentina con potenziali investitori.

Non meno importante il faccia a faccia con Theresa May durante il quale si è parlato di investimenti britannici nel settore energetico e minerario, entrambi fondamentali per lo sviluppo argentino nei prossimi anni. Ugualmente, dopo l’uscita definitiva dall’Unione europea, la premier britannica sarà libera di stringere accordi commerciali con il Mercosur e i singoli paesi membri e rivedere i patti già in essere.

Allo stesso modo, anche il dialogo con Putin e Merkel – a detta anche delle controparti – si è imposto come base per il rafforzamento delle relazioni. Aggiungendo – la cancelliera tedesca – che il Vecchio continente continuerà a impegnarsi per l’apertura commerciale tra Unione europea e Sudamerica.

Ma è Trump a confermarsi il principale ‘sponsor’ di Macri. Il presidente Usa ha confermato il suo sostegno al processo di riforme economiche e politiche avviato dal suo pari di Buenos Aires e soprattutto l’appoggio di Washington affinché l’Argentina entri nell’Ocse.

C’è, però, una condizione che l’Argentina dovrà essere in grado di garantire, come ha avvertito il presidente dell’Overseas Private Investment Corporation, un fondo di investimento americano. E cioè che il paese non cambi orientamento giuridico (e di fatto) sulle regole. Un chiaro riferimento a ciò che verrà dalle prossime elezioni presidenziali. Gli investitori, in sostanza, “devono sentirsi sicuri”. Poi c’è la Cina, che è l’ultimo ospite incontrato ‘in privato’ da Macri. 35 accordi bilaterali con il partner pubblico dotato del salvadanaio più ampio: altri 5 miliardi di dollari pronti a essere investiti in ferrovie, energia e infrastrutture.


Tutte promesse che, spente le luci del G20, Macri dovrà riuscire a capitalizzare in vista della prevista ripresa dell’economia, dopo il primo trimestre 2019. E con la testa all’ ottobre prossimo. Col sostegno internazionale ottenuto nelle giornate di Buenos Aires forse a breve scioglierà le riserve sulla sua candidatura, ma prima dovrà trasformarlo in uno strumento per influenzare l’opinione pubblica. La sua popolarità, negli ultimi mesi, è in netto calo. Recessione, inflazione, povertà sono più tangibili dell’abbraccio, sincero o meno, dei potenti della Terra.

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