A guardare la storia recente, il G20 di Buenos Aires è già una sorta di conquista, manifestazione di un paese che ha deciso di aprirsi al mondo dopo la diffusa diffidenza di parte della comunità internazionale verso l’impostazione kirchnerista. Apertura che, secondo una interpretazione pressoché unanime, ha portato l’Argentina a ottenere il sostegno dell’amministrazione Trump e del Fondo monetario internazionale, oltre che di mercati e investitori internazionali. L’agenda di Mauricio Macri per il vertice è fitta e comprende 17 bilaterali con i big del pianeta.

Col G20 Macri deve lasciare a casa risultati tangibili, non sempre praticabile in summit che spesso – e soprattutto nell’attuale contingenza globale – si chiudono con documenti più di promessa che di impegno concreto. A ‘premere’ è anche l’avvicinarsi delle prossime presidenziali, ottobre 2019, per le quali il mandatario non ha ancora ufficialmente sciolto le riserve. Dipenderà dall’economia, è la condizione. E sono otto gli obiettivi di Macri, ciò che lui vuole ottenere con l’incontro di Buenos Aires.


Innanzitutto l’ordine pubblico, che le proteste si svolgano senza incidenti. Per questo sono stati dispiegati 22mila poliziotti e un migliaio di militari. Spazio aereo e sul Río de la Plata interamente controllati. Il centro della città è blindato.

Investimenti e incontri bilaterali – Macri ha in programma almeno 17 bilaterali dai quali si aspetta nuovi investimenti. L’agenda più presante è quella che coinvolge Trump e Xi Jinping perché le decisioni di entrambi sul commercio hanno ricadute sugli scambi con l’Argentina. Fondamentali anche gli incontri con Putin, Merkel e la britannica May. Macri vuole mantenere la sua posizione a livello internazionale, convincere i suoi omologhi che il suo è l’impianto di governo corretto, politico ed economico. Per Buenos Aires senza investimenti esteri e export sarebbe la fine.

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Il documento finale – A Buenos Aires si scontrano due impostazioni: multilateralismo e protezionismo. Come spiega lo sherpa argentino, Pedro Villagra Delgado, la sfida è quella di “chiudere tre pagine di sintesi, sulle quali tutti i leader siano d’accordo”. “Non semplice”, ammette. Perché iI quattro grandi temi sono quattro enormi incognite: gli accordi sul commercio, i sussidi all’acciaio che chiede la Cina, un accordo sul clima, le migrazioni. E il rischio che non si arrivi a nulla, che sia un altro G20 di ‘svago’, è altissimo.

L’ingresso nell’Ocse – A sue settimane dall’inizio del G20, secondo una indiscrezione, Donald Trump avrebbe annunciato l’ingresso dell’Argentina nel club parigino. È da sempre un obiettivo del governo Macri per la consistenza di investimenti che potrebbero arrivare dai paesi membri, ma anche per una non meno importante questione di prestigio. Il vertice è l’occasione per continuare a intercettare il sostegno dei leader perché – come azzardano dalla Casa Rosada – a fine anno ci potrebbero essere novità.

Il sostegno del Fmi – Christine Lagarde e i suoi funzionari sono ormai di casa a Buenos Aires. Inevitabile, per Macri, un incontro con il direttore del Fondo monetario internazionale. Il presidente dovrà convincerla che le previsioni del suo esecutivo sono attendibili, che il paese tornerà a crescere nel 2019. Secondo le analisi del Fondo, comunque, non accadrà prima della fine di marzo.

Il Regno Unito – Theresa May è il primo premier britannico ad atterrare in Argentina dal conflitto nell’Atlantico del sud e questo è già un passo avanti nelle relazioni bilaterali. Che nel mezzo hanno sempre le Malvinas. “La nostra profonda e storica relazione costituzionale con le Isole non cambierà con la Brexit”, così May ha messo le mani avanti rispetto a (remote) possibilità che la situazione possa cambiare – a vantaggio dell’Argentina – con l’uscita di Londra dall’Ue. Malvinas a parte, i due leader si impegnano a rafforzare le relazioni commerciali, turistiche e la cooperazione scientifica e saranno annunciati più voli dal continente verso le isole contese.

Accordo Ue-Mercosur – È l’obiettivo più difficile. Ma l’accordo tra Unione europea e Mercosur gioverebbe anche all’Argentina. Dopo il bilaterale, il francese Macron è stato chiaro: c’è bisogno di lavorarci ancora. Le distanze sono ancora evidenti, reciproche le diffidenze dei produttori di tutti i paesi coinvolti. Poi c’è la nuova incognita, che si chiama Bolsonaro. Per il presidente brasiliano eletto, il Mercosur continua a non costiutuire una priorità. A pochi giorni dal vertice era già chiaro che Buenos Aires non sarebbe stato il luogo della storica firma.

Dopo il G20 – Durante la festa gli ospiti sorridono sempre al padrone di casa. E questa è anche la preoccupazione di Macri. Finora il presidente argentino può ostentare un sostegno internazionale piuttosto ampio, sia nel continente americano che fuori. Le giornate intense di Buenos Aires devono servire proprio a questo, a conservare quell’immagine positiva conquistata anche con scelte impopolari all’interno dei confini nazionali. “I leader mondiali ci dicono che siamo sulla strada giusta”, ha detto più volte, anche se “siamo ancora nel pieno della tormenta”. Deve, dunque, dimostrare di attuare nel migliore dei modi gli impegni presi. E, cosa più difficile, convincere l’opinione pubblica. Che è quella che vota.

La partita, in conclusione, è ancora tutta da giocare. Per il presidente, per il paese e il suo popolo. E rischia di essere un altro derby, o con o contro Macri. Anche in questo caso è altissimo il rischio che qualcuno lanci sassi contro chi non indossa la stessa maglia.

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