È il primo G20 del presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Capita proprio in terra amica con tanto di presidente ‘italiano’, ma in un contesto politico globale (e italiano) che, forse, riduce ‘carica’ e aspettative dell’Italia. La permanenza del premier a Buenos Aires, stando al comunicato di Palazzo Chigi, tocca un tema ineludibile: ‘l’italianità’ dell’Argentina, la storica presenza tricolore in una delle Americhe sognate per un secolo a partire dalla metà del Diciannovesimo secolo.

Il tour del capo del governo, difatti, comincia oggi, giovedì 29 novembre, all’Università di Buenos Aires, dove si parla di Italia per l’inaugurazone del Centro italo-argentino di Alti Studi. Una iniziativa pensata bene, tesa a rafforzare la cooperazione inter-universitaria tra Italia e Argentina. Alla Uba, Giuseppe Conte ‘tornerà in cattedra’ tenendo una lectio magistralis per poi ricevere il Dottorato honoris causa dal Rettore, Alberto Edgardo Barbieri.


Il primo atto politico è l’incontro bilaterale con il padrone di casa, Mauricio Macri, presso la Casa Rosada. Nel palazzo della presidenza ci sarà una rappresentanza della comunità italiana con dichiarazioni di Macri e Conte. Ancora Italia con la visita al Museo delle belle arti della capitale, dove è esposta la Afrodite di Capua proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nell’ambito del lodevole evento ‘La forma della bellezza‘ organizzato a Buenos Aires per la diffusione di cultura e arte italiana.

La prima giornata ‘a Venti’ comincia alle 12 locali di venerdì 30 novembre, con la tradizionale foto di famiglia. Discussioni varie, fino a ritrovarsi al Teatro Colón per uno spettacolo organizzato dalla presidenza argentina con successiva cena dei capi di Stato e di governo del Gruppo G20. La seconda e ultima giornata di lavori del G20 per il premier si chiude sabato con la conferenza stampa finale alle 15.45 locali.

Due giorni di vertice e uno ‘preparatorio’ densi di incognite e incombenze politiche di altissimo livello. Da settimane, difatti, l’attenzione di stampa e analisti mondiali è concentrata sulle presenze più ingombranti. Trump e Putin, Trump e Xi Jinping, il principe saudita Bin Salman, la premier britannica May accolta dal nemico della guerra delle Malvinas (e tanto di bilaterale con Macri). E poi Erdogan, i francesi che, per indole, cercheranno di non essere ‘declassati’ a coprotagonisti, la numero uno del Fondo monetario internazionale ormai di casa.


Tutti eventi – tra principali e incidentali – parecchio enfatizzati dalla stampa argentina che, in verità, dedicano poco spazio all’Italia e alle prospettive ‘pratiche’ in termini di sviluppo dei rapporti bilaterali politici e, soprattutto economici. In un momento, peraltro, in cui l’Italia potrebbe fare la sua parte, probabilmente piccola, a livello di investimenti in un paese dove operano all’incirca 250 aziende italiane.

La stampa argentina, tuttavia, dà conto di importanti incontri che coinvolgono anche il ministro argentino Nicolás Dujovne, il più stretto collaboratore di Macri nel governo. Come la “riunione di investitori di alto livello” presso l’Hotel Alvear organizzato dall’Americas Society and Council of the Americas. Ugualmente carico di aspettative viene descritto l’incontro con investitori, al Centro Cultural Kirchner, organizzato dalla Banca mondiale. Così come nei vari bilaterali di Dujovne vengono citati quello con la Banca europea per gli investimenti, quello con il ministro francese Bruno Le Maire e una presentazione organizzata dall’argentina regina d’Olanda.

L’Italia, certo, avrà il suo da fare. Forse più le imprese che il governo? Che la ‘testa’ di Giuseppe Conte sia soprattutto tra decimali, Roma e Bruxelles? Il premier pugliese non fa mistero che Buenos Aires è (anche) una occasione per riparlare (di affari italiani) con Juncker e Moscovici. C’è sempre un motivo per perdersi parte della festa, con la consolazione che ci sono i rapporti bilaterali.

Però che la stampa del paese più italiano del mondo parli poco dell’Italia, è segno di scarsa importanza, di quella poca credibilità e affidabilità che riusciamo a manifestare, al di là dell’inquilino di Palazzo Chigi. Nonostante, va detto, cultura, società civile e opinione pubblica guardino con affetto al nostro paese. E – con nostra costruttiva provocazione – tutto finirà, ancora una volta, con i racconti del ‘bisabuelo’ che vide allontanarsi la costa ligure.

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