Argentina – È caos nel governo del presidente Alberto Fernández. Si aggrava il confronto tra le due principali anime della maggioranza dopo l’esito negativo alle elezioni primarie, vinte dall’opposizione macrista. E si assiste a fatti che, in concreto, sono una crisi di governo. Fioccano le dimissioni dei ministri legati alla vicepresidente, Cristina Fernández, mossa chiaramente finalizzata a esercitare pressione sul leader della Casa Rosada affinché cambi i pezzi più ‘pregiati’ del suo gabinetto.

Fernández, dal canto suo, nelle ore precedenti non ha accettato di sostituire il ministro Martín Guzmán, accusato di essere la causa principale della sconfitta alle urne. (Argentina, lotta nel governo (e timori dei mercati). Nel mirino il ministro dell’Economia).

Argentina, crisi nel governo di Alberto Fernández: dimissioni dei ministri kirchneristi

Oggi sono arrivate le dimissioni del ministro dell’Interno, Eduardo de Pedro, della Giustizia, Martín Soria, della Scienza e Tecnologia, Roberto Salvarezza, e della Cultura, Tristán Bauer. Tutti, politicamente, rispondono alla ex presidente e oggi vice di Alberto Fernández. Come dirigenti di nomina governativa di grosso calibro, che hanno rimesso il proprio mandato nelle mani del capo dello Stato. Si tratta di Fernanda Raverta e Luana Volnovich, titolari dell’Anses e del Pami, agenzie nazionali di previdenza e sicurezza sociale.


Con il passare delle ore, la stessa decisione è stata assunta dal ministro dell’Ambiente, Juan Cabandié, dal presidente della compagnia di bandiera Aerolíneas Argentinas, Pablo Cerani, dalla titolare dell’Inadi, agenzia governativa contro razzismo, discriminazione e xenofobia. E dal viceministro dell’Istruzione, Jaime Percick. Altri ministri hanno chiarito che già lunedì, dopo l’esito ufficiale della primarie, hanno messo le proprie dimissioni nelle mani del presidente, seppure non formalmente. Quasi dimissioni, insomma, altrettanto politicamente rilevanti. Fernández resiste, attende e riunisce i suoi.

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Per l’opposizione di centrodestra la lettura politica è chiara: l’ala più intransigente, il kirchnerismo, emanazione diretta di Cristina Fernández si muove per occupare le principali caselle dell’esecutivo, quelle più strategiche. Di fatto, un cambio di linea politica rispetto a quella di Alberto Fernández, più moderata e conciliativa, più orientata a intercettare la fiducia dei partner internazionali e degli organismi internazionali del settore economico-finanziario. Fondo monetario internazionale, in altri termini, con il quale Buenos Aires cerca una soluzione per la ristrutturazione del debito di quasi 45 miliardi di dollari (“L’accordo col Fmi è vicino”. Debito Argentina, la conferma da presidente e mercati).

Anche a livello periferico, nelle province equiparabili alle regioni italiane, alcune con un peso politico enorme, si registrano mosse politiche della stessa natura, con ministri provinciali che si rimettono alla volontà dei governatori. Succede soprattutto nei palazzi delle province di Buenos Aires e Santa Cruz, guidate rispettivamente da Axel Kicillof (ex ministro dell’Economia nel governo di Cristina Fernández) e Alicia Kirchner, sorella del defunto Néstor e cognata di Cristina.

Argentina, dal 2008 deficit per 250 miliardi di dollari. Dal 1960 in negativo 9 anni su 10

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