In Argentina, il tema dell’immigrazione rientra prepotentemente nell’agenda politico-legislativa del governo Macri. L’esecutivo propone norme e sanzioni più severe. Sempre attraverso provvedimenti di carattere penale, intende intervenire su manifestazioni e proteste sociali. Come anticipato dal quotidiano Clarín, secondo funzionari dell’amministrazione “gli stranieri che violano la legge devono pagarne le conseguenze così come chi viola le norme di convivenza nelle strade”.

La proposta sugli immigrati – che rientra nel progetto di riforma del codice penale – si rifà alle polemiche relative alla presunta partecipazione di stranieri ai disordini scoppiati a Buenos Aires nei pressi della Camera dei deputati durante la seduta per l’approvazione della Finanziaria per il 2019.

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“Si tratta di un codice che difende i valori che promuoviamo, quelli della convivenza nelle strade, che oggi non è quasi sanzionato, e la responsabilità per gli stranieri che violano la legge”, fanno sapere dalle stanze dell’esecutivo. Le nuove norme proposte puntano a innalzare da due a tre anni la pena massima per chi fosse ritenuto colpevole di “detenere o ostacolare” il transito dei mezzi di trasporto sia pubblico che privato affidando al giudice la facoltà di determinare l’effettiva urgenza o meno del reclamo.

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In tema di stranieri, invece, la bozza del nuovo codice prevede pene aggravate per coloro in possesso di documenti apocrifi oltre all’irrigidimento della normativa in materia di immigrazione, facilitando al contempo il procedimento di espulsione. Un tema sul quale sembra convergere una parte del peronismo, quella cioè che si è allontanata dalla figura di Cristina Fernández de Kirchner. Uno dei suoi massimi esponenti, Miguel Ángel Pichetto, ha recentemente dichiarato che l’Argentina non può essere “il paese più idiota del continente” chiedendo “una riforma integrale della normativa sull’immigrazione” che consenta tra le altre cose “l’immediata espulsione degli stranieri che compiono delitti, anche se minorenni”.

Primi malumori vengono manifestati delle opposizioni e dalle associazioni per i diritti civili, che parlando di svolta autoritaria ritenendo quella di Macri una mossa sulla scia delle politiche proposte dal neo eletto presidente brasiliano Bolsonaro.

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