“C’è un disegno preordinato, una azione coordinata e promossa dal regime venezuelano al fine di destabilizzare i governi della regione”. Con queste parole del segretario argentino agli Esteri, Jorge Faurie, l’esecutivo guidato da Mauricio Macri commenta i recenti disordini in Cile e in altri paesi del Sudamerica. Faurie fa riferimento esplicito anche ai moti in Ecuador e agli incidenti verificatisi in Argentina nei pressi dell’ambasciata cilena a sostegno dei manifestanti di Santiago.

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Si tratta, secondo Faurie, in Cile come negli altri casi, di “gente organizzata, metodi identici per innescare atti violenti e generare caos istituzionale per destabilizzare i processi politici”. Un punto di vista che arriva a cinque giorni dalle elezioni presidenziali in Argentina, letto dall’opposizione come strumentale alla campagna elettorale di Mauricio Macri.

Lo stesso candidato macrista alla vicepresidenza, Miguel Ángel Pichetto, si è espresso negli stessi termini parlando di ingerenza cubano-venezuelana nell’ondata di violenza delle ultime settimane. La combinazione delle sue voci dà una chiara interpretazione politica, peraltro in un momento delicato dentro e fuori i confini nazionali.


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C’è anche il caso della Bolivia, dove si stanno verificando disordini di strada tra le opposte fazioni pro e contro Evo Morales, dopo che il tribunale elettorale ha interrotto lo spoglio con l’83,76 per cento dei voti scrutinati, annunciando che, secondo un riconteggio ancora in corso, Morales avrebbe vinto al primo turno, avendo ottenuto un distacco di oltre dieci punti dal secondo candidato.

Mentre lo spoglio prosegue e non si esclude il ballottaggio, Macri ha dichiarato di voler attendere il responso degli osservatori dell’Organizzazione degli stati americani, fondamentale per l’accettazione da parte del suo governo di una eventuale rielezione del presidente aymara.

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La presa di posizione del governo di Buenos Aires fa seguito e trae ispirazione dalle recenti affermazioni di Diosdado Cabello, numero due del venezuelano Nicolás Maduro. Cabello ha segnalato una “brezza bolivariana” nelle manifestazioni in Sudamerica e nella recente vittoria del kirchnerismo alle primarie di agosto, dato peraltro per vincente al voto di domenica 27 ottobre. Rincarando la dose con la previsione che il tutto potrebbe convertirsi in un “uragano bolivariano”.

Condizioni che, secondo il capo della diplomazia, “portano fame, povertà, lesione della libertà e dittatura”. Per il governo di Buenos Aires, in conclusione, da parte del regime di Caracas è “evidente l’intenzione di ingerire nella vita istituzionale, politica e sociale dei nostri paesi”.

La crisi venezuelana nella campagna elettorale argentina. La mossa di Macri

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