Ora è certo: quello che in Argentina chiamano ‘anno elettorale’ è cominciato. E anche con una certa prepotenza. Soprattutto sembra il momento in cui uscire allo scoperto, rinunciare all’ambiguità di posizionamento e iniziare a presentarsi ai futuri elettori. A quelli persi, a quelli da conquistare e a quelli – non pochi – che nonostante l’obbligatorietà del voto sembrano non poterne più. C’è un termine che va molto di moda nel dibattito politico argentino, usato senza parsimonia dalla stampa. È la ‘grieta’. Letteralmente: crepa. Politicamente: divisione.

Se c’è un paese polarizzato è l’Argentina. O sei macrista o stai con Cristina (Kirchner). Ma se ti trovi nel mezzo, può essere il tuo momento. Nel mezzo ci sono i cosiddetti peronisti non kirchneristi, quelli che condannano la precedente e lunga gestione della attuale senatrice e del marito Néstor. E sono questi che ultimamente sembrano chiamare unità. Così come ha fatto Cristina durante i lavori del ‘contro vertice‘ organizzato a Buenos Aires per ragionare attorno a idee contrarie a quelle “neoliberiste” del G20.

sergio massa argentina
Sergio Massa

Da lei è arrivato un “non è il momento di divisioni, troviamo una sintesi”. L’appello è stato raccolto formalmente da Hugo Moyano, potentissimo sindacalista peronista, ma questo era già nell’aria, come evidente dal discusso evento di Luján per il quale accuse “di fare politica contro il governo Macri” sono arrivate persino all’indirizzo di papa Francesco. Ma c’è un altro caso, molto più di politica pratica.


Poi ci sono anche i ‘massisti’, cioè peronisti che fanno capo a Sergio Massa, figura sul 10 per cento dei voti a livello nazionale. Inizialmente ‘responsabile’ e diposto a collaborare con Macri, se ne è recentemente allontanato. Mossa strategica. Essere macrista oggi – con le attuali condizioni socio-economiche del paese – non è un marchio di pregio. Nella propaganda avversa, il presidente italo-argentino è “quello che sta consegnando l’Argentina ai grandi capitali, agli speculatori e al Fondo monetario internazionale. Tutto a spese del popolo”.

Il caso di politica pratica che si accennava è una sconfitta che Macri e i suoi hanno subito nelle stanze del potere. C’erano da eleggere due membri del Consiglio della magistratura di espressione parlamentare. Kirchneristi e massisti hanno trovato un accordo riuscendo a occupare entrambe le postazioni. Di lì la maretta tra Cambiemos, il partito di Macri, e la storica Unión civica radical, che lo sostiene in maggioranza.


Si va dunque ricompattando il fronte peronista? Se così fosse per Macri, a ottobre 2019, non ci sarebbero tante probabilità di rielezione. Salvo eccezioni, di cui si dirà. Ma ai peronisti manca e mancherà un pezzo. Sono alcuni ben piazzati governatori delle province, peronisti anch’essi ma ‘responsabili’. Sono quelli che con l’esecutivo hanno trovato accordi precisi in sede di stesura della Legge di bilancio per il 2019, poi approvata da entrambe le camere. In sintesi: non ci togli (tanti) fondi e noi la votiamo in parlamento. E così è andata. Per i governatori, accettare drastici tagli di bilancio avrebbe significato partire quasi sconfitti alle prossime elezioni. Aggiunge Urtubey, governatore di Salta: “Andare con Cristina sarebbe una truffa (verso gli elettori, ndr)”.

Questi, dunque, si chiamano fuori dalla nuova costruenda famiglia peronista. Cercheranno un candidato alla presidenza non certo per vincere, ma in grado di mettere in difficoltà i colleghi per poi posizionarsi in caso di ballottaggio.

È lo schema di partenza a undici mesi dalle Presidenciales, ma altro succederà. E saranno mesi difficili, soprattutto per Macri. Qui si riapre la ‘grieta’. Chi governa in un momento economicamente difficile e dovendo fare scelte impopolari, si sa, non ha vita facile. L’appeal elettorale dei montiani nel 2013, per intenderci.

Ma la grieta è soprattutto concettuale, sempre più ideologica. Da una parte si sventola la bandiera della sovranità nazionale. In Argentina, volendo semplificare, i sovranisti stanno a sinistra: sono i seguaci di Cristina che non ha certo nascosto di essere da quella parte. È però una forzatura perché, di base, peronismo non è destra e non è sinistra. La distinzione tra le due sponde è una invenzione di comodo, più per fare corrente che per elevare un distinguo di idee.

La battaglia politica che sta per cominciare è, comunque, per dirla alla italiana, quella tra sovranisti e responsabili. I primi hanno carta bianca sul terreno della propaganda: aumento di povertà e disoccupazione, calo del Pil, aumento del debito estero. Dall’altra parte, l’unico argomento è quello di aver salvato il paese dall’ennesimo default (vero, al momento) e di aver riaperto il paese al mondo (vero, e lo meritava). Ma sono argomenti che non vanno dritti alla pancia e quello argentino è un popolo di pancia.

Se poi i due principali sfidanti saranno Macri e Cristina è da vedere. Una ‘tira’ molto, ma è indebolita dalle pesanti inchieste giudiziarie che hanno investito lei, famiglia e numerosi suoi ex funzionari. L’altro è ostaggio dell’economia: se non migliora entro marzo-aprile la sua sarà una scelta difficile. Giocare la partita a testa alta o, con poco onore, abdicare a favore di qualcuno. Che non c’è ancora, come non c’è un ipotetico sostituto di Cristina. Il macrismo cercherà di colpirla come può. L’ultimo tentativo – chiedere al Senato di discutere il ‘desafuero’, la decadenza, per le faccende giudiziarie, rischiesta avanzata dalla magistratura – è fallito. Mancava il quorum ed è difficile che ci riescano nei prossimi mesi.

TI POTREBBERO INTERESSARE