Sicurezza, liberismo economico, conservatorismo sociale: è possibile anche tra Ande e Río de la Plata fare leva su questa domanda sociale e fare emergere un Bolsonaro in Argentina? Con l’aggiunta di sentenze contro i corrotti e ‘minacce’ alle minoranze di ogni sorta, l’esponente brasiliano dell’ultradestra è riuscito ad agganciare il consenso dell’elettorato evangelico e pentecostale. Che, ormai, è da considerare una nuova forza politica del suo paese e, anche se in misura minore, può diventarlo in altri paesi sudamericani.

E in Argentina – oltre a interrograsi sugli effetti del ‘prossimo’ Brasile sull’economia argentina – ora si chiedono se nel panorama politico è ipotizzabile una presenza così forte, autoritaria.

Domanda legittima considerando che le stime degli ultimi decenni spiegano che, anche in Argentina, gli evengelici sono in aumento, soprattutto quelli del ‘duro’ ramo pentecostale, gli stessi che hanno garantito sostegno economico e voti a presidente eletto. Come fa tuttavia notare il quotidiano spagnolo El Mundo, la loro presenza è nota e consistente in alcune province argentine, ma non è un’entità ancora organizzata elettoralmente.


O meglio, al momento potrebbero influenzare il voto a livello di elezioni comunali e provinciali, ma non hanno ancora autorevolezza per far emergere o sostenere con successo un candidato alla presidenza della nazione. Ciò che è certo, secondo l’analista argentino Juan Gabriel Tokatlian, è che il loro peso politico-elettorale sarà sempre più evidente.


Per come è strutturato l’attuale panorama politico argentino, l’ascesa politica degli evangelici è frenata dalla attuale solidità bipolare del kircherismo e macrismo. Premessa affinché un Bolsonaro appaia sulla scena nazionale è il crack del sistema partitico, soprattutto sul versante destro, osserva la politiloga María Esperanza Casullo. Spazio ora occupato dalla formazione macrista Cambiemos.

Rilevante è anche l’analisi di Bruno Binetti, ricercatore del centro studi Diálogo Interamericano, secondo il quale, allo stesso modo, anche “l’ambiguità” del peronismo funge da freno giacché al suo interno annovera posizioni nazionaliste che in altre circostanze darebbero vita a formazioni di ultradestra.

Insomma, è la tradizionale divisione tra peronisti e antiperonisti a sbarrare il passo a un potenziale Bolsonaro argentino. Storicamente, difatti, quello che in altri paesi è destra contro sinistra, in Argentina è peronismo e antiperonismo. Inoltre, gran parte dell’opinione pubblica procederebbe a una sorta di equiparazione tra autoritarismo (come quello annunciato dai discorsi di un Bolsonaro ex militare) e dittatura, ferita ancora aperta in Argentina.

Nonostante queste premesse, più di ordine teorico, tendano a escludere una ‘deriva brasiliana’, è il piano della politica pratica, cioè della domanda e dell’offerta, a mostrasi più fertile. Perché neanche la società argentina è esente da rivendicazioni forti su temi come sicurezza, immigrazione, corruzione, crisi economica e lavoro che manca. Argomenti che le attualissime esperienze di Stati Uniti, Italia e altri paesi europei dimostrano essere facilmente manipolabili da abili figure politiche.

Un mix tra posizioni reazionarie e neo conservatrici, come evidenziato dal recente dibattito sulla legalizzazione dell’aborto e dalla legittimazione sociale, politica e mediatica di discorsi di odio contro immigrati (in un paese ‘nato’ dall’immigrazione), sussidiati dallo Stato, promotori di politiche di genere.

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