Risvolti pesanti dall’inchiesta ormai nota come ‘Quaderni della corruzione‘. La magistratura argentina ha emesso un’imputazione per corruzione e associazione a delinquere a carico di Cristina Fernández de Kirchner. L’indagine della magistratura, tuttora in corso, cerca di fare luce su un presunto giro di mazzette nel settore dei Lavori pubblici nel corso degli ultimi dieci anni.

L’imputazione ufficiale – disposta dal giudice federale Claudio Bonadio, lo stesso che aveva chiesto e ottenuto la revoca parziale delle immunità parlamentare – è stata accompagnata inoltre da una richiesta di arresti cautelari nei confronti della ex presidente e dal blocco dei beni per un ammontare equivalente a 100 milioni di dollari.


L’ordine di arresto metterà in marcia automaticamente una nuova procedura di revoca dell’immunità parlamentare che dovrà essere sottoposta al vaglio della camera alta. Il codice penale argentino per il delitto di associazione a delinquere prevede pene che vanno dai tre ai dieci anni di carcere, mentre quello di corruzione è punibile con sanzioni fino a sei anni di carcere.

La decisione di Bonadio è stata presa a seguito delle ultime testimonianze apportate da due ex funzionari dell’amministrazione di Néstor Kirchner prima e di Cristina Fernández poi. Il giudice Bonadio, già ricusato in più d’una occasione senza successo dai legali dell’ex presidente accusandolo di “accanimento giudiziario”, ha considerato opportuno procedere all’imputazione nonostante l’attuale apparente assenza di riscontri probatori concreti al di là delle pur numerose dichiarazioni testimoniali e delle affermazioni contenute nei quaderni.

Anche le perquisizioni effettuate nelle dimore della Fernández non hanno finora dato frutti concreti. Nelle ultime settimane, su indicazioni di denuncianti anonimi raccolte dal ministero della Sicurezza, Bonadio aveva disposto scavi in diversi punti della Patagonia in cerca di container sotterrati con denaro, ma senza successo alcuno.

Da quanto appreso dai media argentini da fonti della magistratura, alla ex presidente non sarebbe stato sequestrato nulla né rinvenuti elementi probatori significativi. Il procedimento era avvenuto con un’imponente presenza di tecnici e scientifici e con l’ausilio di sofisticati scanner in grado di “leggere” le pareti, mentre specialisti in arte effettuavano una valutazione anche dell’oggettistica.

L’avvocato dell’ex presidente, Carlos Beraldi, aveva denunciato alla stampa che non gli è stato concesso presenziare alle operazioni di perquisizione. Adducendo elementi procedurali, il legale ha annunciato che “Faremo una richiesta di nullità dell’intero procedimento e chiederemo il giudizio politico del magistrato che già troppe volte è stato protetto dal potere esecutivo”.

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