La polizia federale nell’appartamento di una ex presidente. È il primo sviluppo della decisione del senato che, nella giornata di mercoledì 22 agosto, ha votato all’unanimità a favore dell’autorizzazione a procedere alla perquisizione dei domicili privati di Cristina Fernández de Kirchner. La richiesta era arrivata alla camera alta dal giudice istruttore Claudio Bonadio nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione negli appalti pubblici negli anni dal 2005 al 2015. Anche il gruppo parlamentare che fa capo alla leader peronista ha dato il suo appoggio alla mozione favorevole a concedere l’autorizzazione cercando, senza successo, di inserire delle condizioni che garantissero il massimo di riservatezza del procedimento soprattutto per quanto riguarda la diffusione di indiscrezioni ai media. Così, gli agenti sono entrati nell’appartamento di calle Juncal, nell’elegante quartiere della Recoleta. Il provvedimento del senato si estende anche ad altre proprietà immobiliari della Fernández di Río Gallegos e El Calafate a Santa Cruz, provincia di origine del defunto marito Néstor.

Momenti giudiziari che inevitabilmente cominciano ad avere anche un significato politico. L’Argentina è a un anno esatto dalle cosiddette Paso, cioè le primarie – obbligatorie per legge – che precederanno le presidenziali dell’ottobre 2019. Cristina Fernández – nonostante il silenzio suo e dei suoi principali collaboratori – è considerata una possibile candidata per Unidad ciudadana, erede del precedente progetto politico del Frente para la victoria. Ma, e questo è agli atti del confronto politico, è difficile che possa rappresentare l’intera famiglia peronista che, sul versante non kirchnerista, ha già proposto altri nomi di un certo peso. Ciò che è certo è che l’inchiesta giudiziaria sta indebolendo Cristina. Che, però, non sembra voler mollare. E attacca l’attuale dirigenza guidata da Mauricio Macri.


“Quando sento parlare di fondamenti giuridici mi sembra di stare in un altro paese, ma qui siamo in Argentina, e siamo di fronte a un grave problema politico”, ha affermato l’ex presidente nel suo intervento al senato prima della votazione finale. Fernández ha rigettato in pieno la teoria secondo la quale la corruzione nelle opere pubbliche sia una creazione del kirchnerismo, con tanto di attacco frontale a Macri: “Viviamo nella Repubblica Argentina che presiede Mauricio Macri, figlio di Franco Macri e cugino di Angelo Calcaterra“, ha sottolineato facendo esplicito riferimento rispettivamente alla fortuna costruita dal padre dell’attuale presidente grazie a numerosi affari legati a concessioni statali e al coinvolgimento del cugino come uno dei principali nella stessa inchiesta che la vede implicata. La senatrice ha poi fatto suo il teorema elaborato dalle sinistra continentale che vuole, anche in altri paesi sudamericani, utilizzata la giustizia da parte di governi conservatori per mettere fuori gioco l’opposizione politica, come in Brasile verso Lula e Rousseff. “Questa è una proscrizione di dirigenti popolari, Bonadio è solo un burattino”, ha accusato Cristina Kirchner.



Inoltre, da parte dei legali della Fernández è agli atti una istanza di ricusazione del giudice Bonadio nonché di annullamento dell’intera inchiesta, chiedendo altresì di citare come testimone anche l’attuale presidente Macri. La richiesta di ricusazione indica come motivo l’esistenza di diverse denunce nei confronti del giudice Bonadio, in precedenza accusato di avversione nei confronti della persona indagata.

Da parte sua, la maggioranza di governo resta in silenzio. O meglio, sono i principali esponenti dell’esecutivo a non intervenire nel dibattito tutto interno al senato e che, come normale, si è imposto tra i vari media pro e contro l’una e l’altra parte politica. Un silenzio strategico sia durante la manifestazione di piazza che ha preceduto il voto del senato, sia durante e dopo la decisione di revoca parziale delle immunità. Evitare, dunque, il rischio di ‘intestarsi’ l’offensiva giudiziaria, scelta che potrebbe dare argomenti di propaganda politica all’opposizione kirchnerista. L’unica voce macrista che si è sentita è quella di Gabriela Michetti, vicepresidente della nazione e presidente del senato: “Siamo a un bivio storico. La decisione del senato è una opportunità per lasciarci alle spalle impunità e corruzione e questo può arrivare solo con la concessione dell’autorizzazione alla richiesta del giudice Bonadio”. Parole destinate ad alimentare lo scontro politico.

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