Se il fine di un, almeno apparente, ‘auto declassamento’ di Cristina Fernández de Kirchner a favore di Alberto Fernández era quello di chiamare la famiglia peronista all’unità contro Mauricio Macri, la prima chiamata è andata deserta. Non sono pochi i settori del peronismo che considerano opportuno sedersi attorno a un tavolo e provarci, a cominciare dai sindacati di ispirazione peronista che in Argentina hanno sempre il loro peso politico-elettorale. Nel mentre, martedì 21 maggio, comincia il processo alla ex presidente imputata per fatti di corruzione.

Dentro e fuori i palazzi, il mondo kirchnerista si è detto subito soddisfatto, consapevole che il ruolo di Cristina sarebbe qualcosa in più di una semplice vicepresidenza. Ma lo stesso effetto non ha visto replica all’interno della parte moderata che, anzi, rilancia su un suo progetto alternativo allo schema K.

elezioni argentina 2019 cristina kirchner alberto fernandez

È il caso di Juan Schiaretti, fresco di successo nelle elezioni a Córdoba, che conferma l’idea di Alternativa federal: avrà un suo candidato alla presidenza, distante tanto dal kirchnerismo quanto dal macrismo. Dunque, nessuno spazio di manovra di avvicinamento.


Dello stesso parere è Roberto Lavagna: “Sarò candidato alla presidenza”, aggiungendo che ciò di cui ha bisogno l’Argentina è una impostazione politica ed economica più “di centro”, alternativa ai due principali schieramenti. Entrambi, però, attendono la decisione di Sergio Massa, anch’egli esponente del peronismo moderato, forse l’unico a non aver mai escluso categoricamente una intesa con il kirchnerismo.

Stando così le cose, sembra rafforzarsi la posizione di Mauricio Macri. Se, difatti, i sondaggi precedenti all’annuncio di Cristina Kirchner lo davano perdente (anche se ultimamente in recupero), secondo diversi analisti, il presidente uscente vincerebbe in caso di ballottaggio. Alberto Fernández non ha la ‘presa’ della sua ipotetica vice.

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Ed è qui che potrebbe scattare la sorpresa. In Argentina non escludono una nuova mossa di Cristina, che potrebbe rinunciare a candidarsi come numero due in cambio di alcune garanzie, tra cui piazzare irriducibili nel Congresso. Così verrebbe rimosso un ostacolo nel dialogo con i moderati ma avrebbe comunque un gruppo di Pasdaran a presidiare le scelte politiche di una eventuale maggioranza peronista.

È anche per questo che i mercati non hanno finora manifestato eccessivo nervosismo: sanno che la divisione favorisce l’attuale inquilino della Casa Rosada e sono ‘rincuorati’ dalla decisione di Lavagna di non mollare.

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