Elezioni Argentina 2019 – Avranno luogo domenica 13 ottobre e domenica 20 ottobre i dibattiti pubblici tra i candidati alla presidenza. La sede del primo sarà la Universidad Nacional del Litoral, a Santa Fe, mentre il secondo dibattito sarà ospitato dalla facoltà di Legge dell’università di Buenos Aires.
Come previsto da una riforma del 2016, i dibattiti sono obbligatori per i candidati ammessi alla consultazione per la Casa Rosada, vale a dire per quei candidati che, nella fattispecie, alle primarie dell’11 agosto hanno superato la soglia dell’1,5 per cento.
Grande attesa soprattutto per il confronto tra il candidato del Frente de todos, il peronista kirchnerista Alberto Fernández, e il presidente uscente, Mauricio Macri, per la coalizione Juntos por el cambio. Ci saranno anche il leader di Consenso Federal, Roberto Lavagna; del Frente de Izquierda, Nicolás del Caño; del Frente Nos, José Gómez Centurión; José Luis Espert per Despertar.
È la prima volta che vengono organizzati dibattiti obbligatori poiché la legge che li regola è successiva all’ultimo voto per le presidenziali, celebrato nel 2015. Conseguenze della eventuale non partecipazione ai confronti – trasmessi in diretta televisiva – sono l’esclusione del candidato assente dalla pubblicità elettorale da radio e tv e l’esibizione della sedia vuota nei dibattiti a rimarcare la ‘latitanza’ agli occhi dell’elettorato. Al momento, comunque, tutti i candidati hanno confermato la loro partecipazione.
È prevedibile che a dominare il dibattito tra gli aspiranti alla presidenza sarà l’economia. Stando alle stime di economisti e organismi finanziari, si arriverà a quelle date con un’Argentina ancora alle prese con una forte crisi finanziaria scaturita in parte proprio dal risultato delle primarie, in occasione delle quali Alberto Fernández si è imposto oltre ogni sondaggio.
La vittoria del candidato peronista, come noto, ha scatenato le turbolenze dei mercati preoccupati dal compimento delle obbligazioni contratte dall’Argentina, soprattutto in materia di debito pubblico, e per la possibilità di cambi anche radicali dell’indirizzo macroeconomico del prossimo governo.
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Sempre a seguito dell’esito delle primarie, il peso argentino ha subito una ulteriore svalutazione, oltre il 25 per cento in una sola settimana e il rischio paese misurato da Jp Morgan è schizzato dagli 800 punti base del venerdì precedente al voto alla media degli attuali 1.800. Situazione che ha obbligato il governo di Buenos Aires a varare un pacchetto di misure eccezionali per attenuare l’impatto dell’inflazione sui salari e a sostituire il ministro delle Finanze, Nicolás Dujovne con Hernán Lacunza.
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