Duro e prevedibile scontro all’interno della maggioranza di governo dopo la sconfitta alle primarie per le prossime elezioni politiche. Già all’arrivo dei primi dati, la politica argentina ha cominciato a registrare ‘scosse di avvertimento’ con epicentro a metà strada tra il palazzo presidenziale della Casa Rosada e il ministero dell’Economia. Martín Guzmán è il primo indiziato della disfatta elettorale. Dieci punti in meno rispetto all’opposizione macrista e fonte di disordine tra l’ala legata al presidente, Alberto Fernández, e quella più radicale, legata alla sua vice, Cristina Fernández.

Argentina, scosse nella maggioranza dopo la sconfitta alle elezioni primarie

Tra questi ultimi e il ministro dell’Economia i rapporti non sono mai stati sereni. Il quasi 39enne Guzmán, però, è l’uomo chiave di Alberto Fernández nei rapporti e nei negoziati tra l’Argentina e il mondo finanziario internazionale. È il plenipotenziario del presidente, per dirne una, la più scottante, nei colloqui con il Fondo monetario internazionale per la ristrutturazione dell’ingombrante debito di quasi 45 miliardi di dollari. È anche l’inviato che ha raccolto la disponibilità di partner europei, e non solo, a concedere tregua sul debito con il Club di Parigi e favore quando il Fmi voterà il nuovo piano di credito a Buenos Aires.

Il presidente, raccontano i retroscena, è stato chiaro: “Se toccano Guzmán, toccano me. Sono in linea col suo modello economico e farò il necessario per realizzarlo”. Fumo negli occhi per il kirchnerismo, in questo caso rappresentato principalmente dalla potente giovanile del kirchnerismo, La Cámpora, e dal presidente della provincia di Buenos Aires nonché ex ministro dell’Economia di Cristina, Axel Kicillof. A questi si uniscono movimenti sociali, sindacati, ex volti dei precedenti governi a guida kirchnerista.


Il senso delle critiche, di fondo, rispecchia le differenze tra i due settori della maggioranza. Guzmán è considerato troppo in linea quelle logiche che regolano i rapporti economico-finanziari tra Stati e tra questi e i grandi organismi internazionali di settore. Non è sufficiente che sia allievo di Joseph Stiglitz. Anzi, secondo qualche detrattore non è buona cosa che insegni alla Columbia University. Troppo di sistema, insomma (Debito Argentina, Stiglitz: “Necessario tagliare capitale e interessi”).

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Martín Guzmán col collega italiano, Daniele Franco, a Venezia per il G20 dell’Economia

A Martín Guzmán viene addebitata la sconfitta elettorale. A lui e alle sue scelte di politica economica. Colpevole, tuonano i suoi nemici interni alla coalizione, di non avere letto adeguatamente il disagio socioeconomico che si è poi tradotto in voti contrari alle urne.

C’è chi contesta a Guzmán di essere stato più attento agli equilibri dei conti pubblici (fondamentali agli occhi dei partner internazionali) che alla spesa sociale in un paese che ha visto crescere la povertà negli ultimi anni, già prima dell’emergenza sanitaria. “Parla solo di finanza e non di economia”, aggiungono altre voci ostili.

Il giovane ministro, però, non è l’unico sotto attacco. Viene chiesta la testa di altre tre uomini di fiducia del presidente. Il suo capo di gabinetto, Santiago Cafiero, e i ministri del Lavoro e dello Sviluppo economico, Claudio Moroni e Matías Kulfas. Il presidente resiste, difende la sua squadra e annuncia un pacchetto di misure economiche destinate a contenere la perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni a causa dell’inflazione.

Nel frattempo, i mercati stanno a guardare e cercano di disegnare i possibili scenari a breve termine. Inizialmente la reazione al risultato elettorale è stata positiva, ma l’entusiasmo sembra già in pausa. In attesa di nuove dai palazzi della politica argentina.

Tra i possibili sviluppi – è ancora presto per capire quanto probabili – c’è un rafforzamento della fazione kirchnerista all’interno del gabinetto, nel caso in cui il presidente dovesse cedere alle richieste. Il che, secondo i mercati, si tradurrebbe in una impostazione economica che non è quella sperata non solo dagli stessi mercati ma anche dal Fmi. In un momento in cui, secondo indiscrezioni di Washington e Buenos Aires, le parti sarebbero vicine a una intesa.

Argentina, dal 2008 deficit per 250 miliardi di dollari. Dal 1960 in negativo 9 anni su 10

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