Un’altra nube sembra addensarsi sull’imminente G20 di Buenos Aires. L’annunciata partecipazione del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, le cui politiche repressive sono da tempo fonte di altissima tensione internazionale, rischia di essere perlomeno imbarazzante. Ancor più dopo la denuncia presentata nei suoi confronti dalla Human Rights Watch (Hrw), presso un procuratore federale argentino, per violazione della norme internazionali di guerra.

Nel mirino della nota organizzazione non c’è il delitto Khashoggi, che parecchio sdegno ha provocato a livello internazionale, ma la situazione in Yemen, dove la dinastia saudita è direttamente coinvolta in una tanto feroce quanto semi-dimenticata guerra civile. Riyadh è infatti alla testa della coalizione che appoggia le forze sunnite (che vede, fra gli altri, il sostegno degli Usa) contrapposta agli sciiti sostenuti, in primis, dall’Iran e da quel Qatar che in questo momento gode di una vera e propria special relationship economica con l’Argentina.


Tornando al principe, secondo Kenneth Roth, direttore esecutivo di Hrw, Bin Salman potrebbe addirittura trovarsi “di fronte a un’inchiesta penale, se viene in Argentina”. In realtà, è praticamente impossibile che il nobile saudita possa incorrere in guai seri con la giustizia del paese sudamericano. E questo, nonostante il principio di giustizia universale riconosciuto dalla costituzione argentina per i crimini contro l’umanità di importanza internazionale.

Il principio di giurisdizione universale permette alla giustizia argentina di indagare sui crimini contro l’umanità, imprescrittibili, anche se commessi al di fuori del suo territorio e anche se le vittime non sono cittadini argentini.


L’ambizioso obiettivo è quello di creare un sistema di tutela che permetta di perseguire i criminali rei di violazioni di diritti umani, ovunque queste siano state commesse. Un’idea nata diversi anni fa, allo scopo di poter punire i responsabili, spesso fuggiti all’estero, della scomparsa di decine di migliaia di argentini negli anni della dittatura militare. E che qualche risultato lo ha prodotto, anche se all’atto pratico spesso incontra difficoltà nella poca collaborazione della giustizia di altri Stati, non necessariamente ostili.

Tuttavia, riesce difficile credere che Mohammed Bin Salman possa davvero arrivare a sedersi di fronte a un giudice argentino, nonostante tutti gli sforzi dell’organizzazione di New York.

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