Creare un “fondo umanitario di emergenza” contro la pandemia del coronavirus: è la proposta di “un patto di solidarietà globale” avanzata agli altri leader del G20 dal presidente argentino, Alberto Fernández. Tra i capi di stato e di governo dei paesi membri, per la prima volta nella storia, si è svolta una riunione in videoconferenza, organizzata dal re saudita Salman Bin Abdulaziz al-Saud giacché è il suo paese a detenere la presidenza del gruppo ed è a Riyad che si svolgerà, il prossimo novembre, il G20 2020.

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Il mandatario argentino ha chiamato all’unità, alla collaborazione globale, descritta fondamentale, resa evidente dagli effetti della pandemia: “Dobbiamo agire uniti fin da subito perché risulta evidente che nessuno si salva solo”. Di qui alla proposta: “L’urgenza dettata dalle morti ci obbliga a creare un fondo mondiale di emergenza umanitario che serva per affrontare con un miglior approvvigionamento di attrezzature il contesto che stiamo vivendo”. Sullo sfondo, il senso dello stesso G20, nato per dare una risposta rapida e coordinata davanti alla crisi economica e finanziaria globale del 2008.

Il senso delle parole di Fernández è economico e politico. Perché ha sottolineato la necessità di riconoscere “l’insostenibilità del debito dei paesi più arretrati” e a non restare “passivi di fronte alle sanzioni e ai blocchi economici, che solo servono ad asfissiare i popoli nel mezzo di questa crisi umanitaria”. Il riferimento è chiaramente a Venezuela, Cuba e altri paesi gravati da sanzioni.


Il presidente argentino ha definito come “falso dilemma”, quello che si propone tra il privilegiare la salvaguardia dell’economia o della vita delle persone. “Le decisioni che verranno prese”, ha concluso Fernández, “non possono essere lasciate alla logica del mercato né destinate a preservare la ricchezza degli individui e delle nazioni”.

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