I rapporti tra il governo di Buenos Aires e il pontefice argentino continuano a evidenziare quella ‘poca sintonia’ tra la Santa Sede e la Casa Rosada dall’arrivo di Mauricio Macri. Anzi, forse è in questi giorni che le difficoltà si manifestano più evidenti, al punto che pezzi della maggioranza macrista sono usciti allo scoperto. Non è un mistero che tra papa Francesco e il presidente non corra buon sangue, almeno da quanto riferiscono i retroscenisti.

Alla base ci sarebbero soprattutto i contenuti delle politiche dell’esecutivo, a detta della Chiesa troppo lontane dai bisogni delle fasce deboli della popolazione. L’ultima occasione di contrapposizione a distanza tra i due ‘big’ arriva proprio da Luján, capitale argentina della fede, sede del culto della Vergine di Luján, santa patrona dell’Argentina.

L’arcivescovo Radrizzani e Hugo Moyano

Una messa, sabato 20 ottobre davanti alla basilica, si è trasformata in un caso politico. A promuovere la giornata Hugo Moyano, potente leader del sindacato dei camionisti, recentemente finito con suo figlio Pablo (che di Camioneros è vicepresidente) nello ‘screening’ della giustizia. “Pace, pane e lavoro”, il motto dell’iniziativa che ha visto convinta adesione di una parte del mondo politico, quella avversa a Macri e che, secondo i più, sarebbe per contenuti la più vicina a Bergoglio. Quello di Moyano è stato considerato un vero e proprio atto di forza (politica) nonostante non si sia rivolto in nessun modo ai presenti.


Ma a ‘parlare’ c’era Agustín Radrizzani, arcivescovo di Mercedes e Luján, un nome considerato tra i più vicini a Francesco. “Nessun problema può essere risolto senza dialogo tra Stato e popolo”, è stato il suo messaggio. Parole facilmente interpretate dagli addetti ai lavori, attribuendo alle stesse contrarietà a decisioni spesso assunte dall’amministrazione nazionale in contrasto alle istanze delle parti sociali.


Perché tirare nella mischia politica anche papa Francesco? Secondo gli osservatori, gli indicatori sono diversi e ormai dividono i settori ecclesiastici argentini tra contrari e neutrali (almeno nel senso di non criticare apertamente) rispetto all’operato di Mauricio Macri. Che, però, dal punto di vista governativo viene letto come vicini o no all’opposizione peronista, in modo particolare ai settori vicini all’ex presidente Cristina Fernández. Perché, si è detto, l’arcivescovo Radrizzani è una figura vicina al papa. Poi le parole di Moyano junior, secondo il quale la grande manifestazione di Luján non sarebbe stata possibile “senza l’avallo del papa”.

A Luján erano schierati uomini forti del peronismo e il dubbio insinuato da molti suona più o meno così: il pontefice era al corrente? C’è chi, come il giornalista Roman Lejtman, traduce i fatti come una sorta di (futuro) appoggio a Cristina (che con i Moyano ha risolto le divergenze precedenti).

La basilica di Luján

Altri aggiungono ed enfatizzano altri elementi. Come l’incontro del 5 ottobre tra il vescovo de La Plata, Víctor Manuel Fernández, tra i più vicini a Francesco, e Emilio Persico del Movimiento Evita e altri sindacalisti legati al peronismo kirchnerista. Poi, pochi giorni prima dell’atto di Luján, Jorge Lugones, altro religioso vicino al potefice, ha ricevuto Hugo Moyano proprio nel pieno delle polemiche sulla richiesta di arresto a carico del figlio per fatti di riciclaggio di denaro e altri presunti reati.

Tutto ciò è bastato a riaprire ‘vecchie ferite’, per giunta aggravate dal momento storico. Che è un clima di fiducia dell’elettorato verso Macri che diminuisce, situazione economica incerta con aumento di disoccupazione e povertà. Tutte istanze che, secondo voci del governo, potrebbero andarasi a sommare a un maggiore attivismo sociale della Chiesa argentina. Manca un anno alle prossime presidenziali ma il quadro politico è già in movimento per trovare le varie sintesi sui nomi da proporre per la Casa Rosada.


Tra queste voci dell’esecutivo – come riferisce La Nación – ce n’è una secondo la quale “con azioni o omissioni” c’è l’influenza di papa Francesco dietro il susseguirsi di omelie dei vescovi critiche verso il piano economico del governo. Quel che è certo è che l’adunanza di sabato ha generato critiche sia a livello di esecutivo che di opposizione non peronista.

“Non è un male che la Chiesa dialoghi con i sindacati, ma non è positivo che prenda posizione nel dibattito politico”, ha osservato il governatore della provincia di Santa Fe. “Non è consueto quello che è successo, si mettono troppo in gioco”, è, secondo la stampa locale, il commento ricorrente tra esponenti governativi commentando la foto di Radrizzani con Moyano e altri sindacalisti dichiaratamente ostili all’amministrazione Macri.


Da un altro uomo molto vicino al presidente – ma il nome non c’è – una critica ancora più marcata, evidenziando che dall’arcivescovo sono arrivate richieste chiare, ma nulla in merito alla lotta contro la corruzione. Chiaro il riferimento alle inchieste giudiziarie che vedono coinvolti i Kirchner. Il governo, tuttavia, fa sapere che nulla cambierà nei rapporti con la Chiesa in termini di concessioni, anche economiche, utili a combattere la povertà.

Ma l’accaduto sembra una ristampa di quella foto del 2016 di papa Francesco e Macri in Vaticano, in cui tutti notarono l’espressione di Bergogio, tanto diversa dai sorrisi dispensati quando a Roma arrivò Cristina. Quarantotto ore dopo c’è la precisazione di Radrizzani: “Non ho parlato con papa Francesco”, riferendosi all’evento di Luján. Ancora congetture? Forse. In Argentina il clima è rovente. L’economia contagia la politica e basta poco per creare un nemico dal nulla. Ma di sicuro non è finita qui.

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