I leader sudamericani alle prese con un nuovo tentativo di integrazione regionale, dopo il fallimento dell’Unasur, ormai abbandonato dalla quasi totalità degli Stati membri. E gettano le basi per Prosur. I primi lavori giovedì 21 marzo a Santiago del Cile: si cercherà di gettare le basi per una nuova organizzazione sudamericana con l’obiettivo dichiarato di superare la precedente.

Anzi, sulla mappa geografica e geopolitica si cercherà di andare oltre i confini del Sudamerica. A dirsi disponibili, finora, sono stati Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Perù e Saint Lucia.

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A spiegare già in partenza il ‘tipo’ di istituzione regionale che si intende creare è la presenza Juan Guaidó. A difendere ancora l’Unasur, difatti, c’è solo ciò che residua del vecchio gruppo socialista-riformista che ha guidato il Sudamerica fino a qualche anno fa: la Bolivia di Evo Morales e il Venezuela di Nicolás Maduro.


Tant’è che per Prosur nella capitale cilena nessun arrivo è previsto da Caracas e La Paz. E non ci sarà neanche il presidente uruguaiano, Tabaré Vázquez. Il leader di Montevideo manifesta un approccio diverso, ultimamente evidente nella distanza che il governo della repubblica orientale ha preso dagli altri nella gestione della crisi venezuelana. Ma a confermare le ragioni della ‘chiusura’ dell’Unasur è il cileno Sebastián Piñera, parlando di fallimento per eccesso ideologico.


Un punto di vista che trova sostegno a Buenos Aires. Mauricio Macri si è reso disponibile dal principio. Con lui il colombiano Iván Duque, Jair Bolsonaro, l’ecuadoriano Lenín Moreno (che ha addirittura disposto la rimozione della statua di Néstor Kirchner dalla sede di Quito perché “i suoi valori non ci rappresentano”) e il presidente del Paraguay, Mario Abdo.

E, difatti, tra i pochi documenti che si chiuderanno a Santiago ci sarà una presa di posizione degli undici partecipanti sulla situazione venezuelana, chiedendo a Maduro di farsi da parte.

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