In vista delle elezioni presidenziali in Argentina, il 27 ottobre prossimo, un nuovo sondaggio sembra dare ossigeno al governo Macri, nel pieno della tempesta economico-finanziaria e alle prese con previsioni tutt’altro che positive. L’inchiesta – elaborata da Isonomía, la società più ‘ascoltata’ dal macrismo – rileva che la distanza tra Cristina Fernández de Kirchner e Mauricio Macri si è praticamente ridotta a metà.

Si tratta della stessa firma che, col precedente sondaggio, aveva fatto tremare l’esecutivo, ma soprattutto i mercati evidenziando un vantaggio di ben nove punti attribuito alla esponente peronista, che tuttavia non ha ancora comunicato le sue intenzioni rispetto alla candidatura. Al punto che non poca è stata in quel momento la rabbia nelle stanze dell’esecutivo denunciando come irresponsabile – per le conseguenze sui mercati – la diffusione di quei numeri.

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Ma in Argentina la volatilità è alta anche in politica, oltre che sul fronte economico. E lo dimostra un altro sondaggio della stessa casa, più recente, chiuso il 26 aprile, che dava Macri sopra Cristina di quattro punti al primo turno e di due al ballottaggio. Ma la settimana precedente la senatrice era sopra di un punto percentuale.


Di lì a una nuova indagine, condotta tra il 30 aprile e il 3 maggio. Qui il dato positivo per l’attuale amministrazione. L’immagine dell’uno e dell’altra non è delle migliori: Cristina negativa per il 47 per cento e positiva per il 53, Macri 37 per il sì e 63 per il no. È tra i giovani (che continuano a vedere incerto il proprio futuro) che il presidente uscente ha maggiore difficoltà: il 69 per cento lo boccia, approvando un ritorno di Cfk al 53 per cento.

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Sulle intenzioni di voto, i tre principali candidati, due dei quali ancora presunti, misurano in questi termini: Cristina 31 per cento, Macri 27, Roberto Lavagna 15. Ma il dato che più interessa al governo è un altro: il 41 per cento voterebbe la sfidante, contro il 37 che lascerebbe il leader di Cambiemos alla Casa Rosada. Il tutto con una percentuale di indecisi ancora alta, che arriva al 22 per cento.

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