Non è certo una sorpresa che fra il presidente brasiliano, Jair bolsonaro, e l’omologo Usa, Donald Trump, vi sia un certo feeling. Entrambi capi di una sorta di nazionalismo conservatore, animati da una reciproca ammirazione, vincitori perfino nello stesso mese di ottobre di tornate elettorali che li vedevano largamente sfavoriti alla partenza.

Per non parlare della somiglianza degli slogan, “Brazil o Usa first” che sia, e di una strategia di propaganda basata sul largo uso dei social, e sul recupero dei consensi fra le larghe fasce di cittadinanza delusa. Non a caso, il leader di Brasilia è soprannominato il “Trump dei tropici”.

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La visita di Bolsonaro alla Casa Bianca dei giorni scorsi non ha fatto altro che aumentare queste sensazioni, con i due leader che hanno ribadito più volte la volontà di rilanciare le relazioni fra i due giganti. Rapporti che, finora, sono stati piuttosto limitati. Si pensi che l’interscambio degli Stati Uniti con i paesi del centro e sud America va dall’enorme, quanto prevedibile, cifra di 611 miliardi di dollari col Messico, ai 70 circa con il Brasile.


Poco più di un decimo, anche se Brasilia resta il maggior partner meridionale, con l’Argentina che figura mestamente come fanalino di coda, avendo un totale di rapporti commerciali con Washington che non arriva neppure a 15 miliardi (14,7, per la precisione).

Dal punto di vista di Buenos Aires, le preoccupazioni maggiori sono relative all’export di grano che, con l’apertura di un nuovo canale preferenziale Brasilia-Washington, verrebbe pesantemente danneggiato. E questo proprio quando, lo scorso febbraio, era stato registrato, per la prima volta dal 2003, un attivo nella bilancia commerciale argentina verso il gigante lusofono.

Una dinamica virtuosa dettata certo dalla ripresa dell’economia verdeoro, e dalla pesante svalutazione del peso, ma nella quale un effetto trainante lo aveva certamente avuto proprio l’export di grano. Più in generale, il cambio di priorità nelle relazioni economico-diplomatiche, dopo decenni di governi di sinistra che avevano privilegiato le alleanze regionali, rischia di avere effetti non secondari sulla struttura delle esportazioni argentine.

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