La crisi in Venezuela e i rapporti tra Buenos Aires e Caracas entra comprensibilmente nella campagna elettorale per le elezioni in Argentina del prossimo 27 ottobre. Diversi, come noto, i punti di vista dei due principali candidati alla presidenza. La posizione di Mauricio Macri è di netta chiusura verso Nicolás Maduro e si sostanzia anche nella nuova decisione del suo esecutivo.

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Il governo di Buenos Aires ha difatti concesso piena legittimità diplomatica alla giovane, rappresentante in Argentina delll’autoproclamato presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidó. Il segretario argentino agli Esteri, Jorge Faurie, ha ricevuto le credenziali di Elisa Trotta, che già il governo Macri riconosceva come “ambasciatore” dopo diversi mesi di rappresentanza degli interessi di Guaidó in Argentina.


“L’ambasciatore Trotta rappresenta per tutti i venezuelani residenti nel nostro paese la massima autorità del Venezuela in Argentina”, si legge nell’atto della Cancillería argentina. Il governo, inoltre, non ha rinnovato dignità diplomatica a cinque funzionari dell’ambasciata venezuelana e due militari.


Marca, così, una chiara differenza rispetto al peronista Alberto Fernández, secondo il quale Buenos Aires deve mantenersi “neutrale” seguendo l’esempio di Uruguay e Messico.

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E se Macri e il suo governo hanno sempre e convintamente aderito, e talvolta stimolato, ogni iniziativa contro il regime di Maduro, Fernández ha proposto l’uscita dell’Argentina dal gruppo di Lima, l’alleanza regionale dei 14 paesi americani che a gennaio ha riconosciuto Guaidò.

“L’Argentina deve far parte dei paesi che vogliono aiutare i venezuelani a trovare una via d’uscita. Essere nel gruppo di Lima è contraddittorio con questo obiettivo”, ha dichiarato Fernández.

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